Economia
Shock inflazionistico: il livello dei salari reali al di sotto di quello del 2000. L’Italia rivaluta la sua economia
Relazione Bankitalia 2024: la crisi globale resta profonda e rischia di costare cara. Il nostro Paese migliora sui fondamentali, ma attenzione a denatalità e stipendi bassi

Sono curioso di vedere a quali aspetti delle Considerazioni finali del Governatore Fabio Panetta e della Relazione per il 2024 della Banca d’Italia farà riferimento la “banda del buco” degli sfascisti per sciorinare la consueta narrazione di un Paese sul lastrico, in cui dilagano la povertà e la precarietà.
Fiducia incrinata
Certo, il Governatore non ha dissimulato i gravi problemi della situazione internazionale. Anzi, Panetta ha voluto ricordare, all’inizio del suo intervento, che le dispute commerciali e i conflitti in atto stanno incrinando la fiducia a livello internazionale, con effetti negativi sulle prospettive dell’economia globale, tanto che nelle scorse settimane il Fondo monetario internazionale (FMI) ha abbassato le previsioni di crescita mondiale per il prossimo biennio a meno del 3%, ben al di sotto della media dei decenni scorsi. Nel 2000, le economie del G7 generavano quasi metà del PIL mondiale, oggi meno di un terzo. Il sistema multilaterale che cercava di risolvere i problemi in base a regole condivise, accogliendo le istanze comuni, è in crisi. Al suo posto, si sta imponendo un ordine multipolare in cui aumenta il peso dei rapporti di forza.
I risultati ottenuti
Quanto all’Italia, Panetta ha sottolineato i risultati ottenuti: “Rispetto a quindici anni fa – quando le valutazioni delle agenzie di rating sul debito pubblico italiano iniziarono a peggiorare – i fondamentali della nostra economia sono nettamente migliorati. La posizione patrimoniale verso l’estero, allora negativa per 20 punti percentuali di PIL, oggi è positiva per 15. Il sistema bancario si è molto rafforzato, un elemento che incide in misura rilevante sulle valutazioni delle agenzie”. E ha aggiunto: “Sviluppo economico e sostenibilità dei conti pubblici sono interdipendenti. La fiducia nella solidità della finanza pubblica favorisce gli investimenti; una crescita più elevata, a sua volta, rende meno gravoso il consolidamento di bilancio”.
La Banca d’Italia fa chiarezza
Come già in altre occasioni, il Governatore ha poi messo l’accento sull’invecchiamento della popolazione e sulla bassa natalità. Secondo l’Istat, entro il 2040 il numero di persone in età lavorativa si ridurrà di circa 5 milioni. Ne potrebbe conseguire una contrazione del prodotto stimata nell’11%, pari all’8% in termini pro capite. Un aumento dei tassi di partecipazione al mercato del lavoro attenuerebbe questo impatto attraverso una maggiore inclusione delle donne, la cui partecipazione resta tra le più basse d’Europa, nonostante i progressi recenti. Infatti, nel 52,6% delle famiglie considerate è presente almeno una donna con un impiego, un valore superiore a quello del 2019 (51,3%). Tuttavia, un incremento dei tassi di attività potrà al massimo compensare il calo della popolazione attiva. Ecco allora l’esigenza di un’immigrazione regolare il più qualificata possibile e dell’ipotetico rimpatrio dei 700mila italiani emigrati nell’ultimo decennio. La Banca d’Italia fa chiarezza anche su uno dei tormentoni del dibattito politico: la questione salariale. ‘’Il problema centrale – secondo Panetta – rimane la produttività nella manifattura come nel resto dell’economia. Gli incrementi retributivi finora conseguiti sono incoraggianti, ma non bastano a sostenere lo sviluppo del Paese. Il basso livello dei salari riflette questa debolezza: dall’inizio del secolo, in linea con la stagnazione della produttività, le retribuzioni reali sono cresciute molto meno che negli altri principali Paesi europei. Il successivo shock inflazionistico ha riportato i salari reali al di sotto di quelli del 2000, nonostante il recupero in atto dallo scorso anno. Un aumento duraturo delle retribuzioni passa per il rilancio della produttività e della crescita, attraverso l’innovazione, l’accumulazione di capitale e un’azione pubblica incisiva.
Il potere d’acquisto torna a salire
Nella Relazione poi si rimarca che un forte contributo ai redditi delle famiglie è derivato dall’aumento dell’occupazione. Anche le prestazioni sociali hanno continuato a espandersi, grazie alla componente pensionistica. Dopo la contrazione nel 2022 e il ristagno nel 2023, il potere d’acquisto delle famiglie è tornato a salire (1,3%), beneficiando della forte riduzione dell’inflazione.
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