Ancora un’eccellenza nel campo della ricerca biomedica al Sud. Il laboratorio di Tissue Electronics dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Napoli, sotto il coordinamento di Francesca Santoro, in collaborazione con i team di ricerca dell’Università di Eindhoven e di Stanford, ha sviluppato il primo modello di sinapsi artificiale – ibrida, composta da un’interfaccia biologica e una piattaforma elettronica, in grado di simulare il comportamento delle sinapsi.

Nel sistema nervoso le sinapsi hanno il ruolo di mettere in comunicazione i neuroni, garantendo la trasmissione degli impulsi elettrici che costituiscono il segnale nervoso. Nel modello bioibrido realizzato all’ istituto di Napoli, il team ha selezionato cellule che hanno un comportamento simile a quello dei neuroni, in grado di rilasciare dopamina, e messo a punto un chip neuromorfico organico in grado di conservare memoria in seguito ad una stimolazione elettrica. Una delle caratteristiche principali delle sinapsi è la plasticità, cioè la capacità adattarsi in base alla modificazione dell’ambiente interno e esterno e di mantenere memoria delle modifiche apportate. Il team di ricerca partenopeo, composto da 8 ricercatori, per la maggioranza donne, si è occupato dell’accoppiamento diretto delle cellule sul microchip e della misurazione delle variazioni dell’attività elettrica del chip.

La ricerca ha appurato che il chip è in grado di individuare la dopamina rilasciata dalle cellule che simulano il neurone, e di conservare nel tempo lo stato di eccitamento alterato raggiunto, il cosiddetto effetto memoria, dimostrando di essere riusciti a ricreare in laboratorio la plasticità sinaptica e quindi che il modello di sinapsi bioibrida è promettente per costituire una connessione tra neuroni del sistema nervoso. “Ѐ la prima volta che un dispositivo elettronico neuromorfico viene direttamente interfacciato con un sistema cellulare per ottenere una piattaforma in grado di riprodurre la plasticità sinaptica a breve e a lungo termine – dichiara Francesca Santoro. – Prima di questo studio erano stati realizzati sistemi capaci di ricevere stimoli, ma non in grado di eccitarsi e mantenere l’eccitamento a loro volta”.

I risultati dello studio gettano le basi per nuove ricerche utili al futuro della medicina, per esempio nell’ambito delle malattie neurodegenerative, in cui si assiste alla perdita di comunicazione tra neuroni e dove i dispositivi bioibridi potrebbero introdurre o ripristinare le connessioni neuronali danneggiate, ma anche nell’ambito delle amputazioni, dove questi dipositivi potrebbero fare da ponte tra le terminazioni nervose biologiche preservate e i circuiti delle protesi artificiali robotiche di nuova generazione.