Chi lavora nella comunicazione digitale viene spesso sottovalutato, considerato superfluo o inutile, eccetto durante le campagne elettorali, quando la politica ricorre ai migliori esperti per vincere. Tuttavia, una volta concluso il voto, la realtà cambia drasticamente.
Non si tratta solo di comunicazione, ma anche di quei professionisti che, con più lauree, sostengono quotidianamente la democrazia. Spesso denigrati, come nel caso di Enrico Brignano che, nel suo monologo del 22 settembre 2020, ha ridicolizzato i collaboratori parlamentari. Questi professionisti sono i “registi” dietro le quinte: gestiscono segreterie, correggono proposte di legge e curano la comunicazione politica e istituzionale.

Il recente caso del social media manager del Ministro Sangiuliano, costretto a dimettersi per un semplice errore, è emblematico. In Italia, non sorprende, considerato che solo pochi anni fa, Amadeus dichiarò in TV che il suo social media manager era il figlio minorenne, attirandosi critiche per l’inesperienza del giovane.
Il ministro ha annunciato su X: “L’errore sul profilo Instagram è evidentemente del mio social media manager. Per questo ho accettato le sue dimissioni”. Questo episodio ha suscitato le critiche della comunità professionale, ma potrebbe rappresentare un’opportunità per rivalutare il ruolo del social media manager nel settore pubblico.

Da anni, associazioni come PA Social, FERPI e Compubblica chiedono la revisione della legge 150/2000. Alessandro Papini (FERPI) ha osservato che questa legge, seppur fondamentale per la comunicazione istituzionale, non ha previsto l’impatto della rivoluzione digitale e manca di una leadership apicale in grado di guidare il cambiamento.

Per affrontare questa lacuna, si propone di:

1. Mantenere una chiara distinzione tra comunicazione istituzionale e politica.
2. Ampliare la funzione comunicativa per includere aspetti legati all’innovazione digitale e alla relazione con i cittadini.
3. Riposizionare la comunicazione strategica negli Enti Pubblici, superando le restrizioni imposte dal decreto Monti.
4. Pianificare un nuovo reclutamento per aggiornare le competenze comunicative in ambito digitale.

In un contesto in cui tutto è comunicazione, le Amministrazioni pubbliche hanno l’opportunità di emergere come fonti autorevoli. Questo potrebbe trasformare le istituzioni in un momento di crisi della rappresentanza.
PA Social, sotto la guida di Sergio Talamo per il gruppo di lavoro sulla 151/2000, ha elaborato un documento in dieci punti per riformare la comunicazione pubblica.

Tra le proposte chiave:

● Creazione di un’Area unificata per la comunicazione, informazione e servizi ai cittadini.
● Assegnazione di ruoli specifici per giornalisti e comunicatori.
● Introduzione di una figura apicale con competenze certificate in comunicazione digitale.
● Manutenzione continua della riforma per adattarsi alle evoluzioni del settore.
È urgente trovare un punto di equilibrio per valorizzare questi professionisti e non trattarli come capri espiatori per errori che, spesso, non dipendono interamente da loro.

Marco Sicbaldi

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