L'intervento
Sud, basta guerre: sul Recovery Fund serve lavoro di squadra
È diventata quasi un manifesto questa iniziativa del Sud federato e della cittadinanza meridionale lanciata dal professor Signorile e sostenuta, solo per citarne alcuni, da economisti del calibro del professor Ettore Jorio e dell’ex ministro Claudio De Vincenti: un’iniziativa che rappresenta, forse, l’ “ultima chiamata” per il riscatto dell’Italia mediterranea da anni di inefficienze e mala gestione ai danni dei cittadini, molti dei quali, soprattutto i giovani, costretti dalla penuria occupazionale a emigrare al Nord o all’estero, pur di garantirsi un futuro.
E, difatti, quello di bloccare l’emorragia di “cervelli in fuga” ed evitare che tanti giovani, tra cui tanti talenti ed eccellenze professionali, continuino a investire altrove il proprio capitale umano, rappresenta uno dei tanti target cui punta la proposta del Sud federato, insieme alla necessità, non più rinviabile, di riscattare il Meridione da anni di sottosviluppo, dalla cronica carenza di infrastrutture e dall’assenza di servizi pubblici adeguati agli standard minimi. L’occasione di creare questo polo compatto, costituito da Comuni, Città Metropolitane e Regioni del Sud, guidate da una classe dirigente giovane, preparata e scevra da implicazioni malavitose, viene offerta, oggi, dal vincolo posto dall’Unione europea a investire parte delle risorse provenienti dal Recovery Fund nello sviluppo dell’Italia mediterranea, rendendola traino di quella crescita economica necessaria, peraltro, per l’Italia intera.
Si tratta di una possibilità unica ed imperdibile per ridare slancio al Meridione e “sfruttarne” in maniera lungimirante – e con i giusti investimenti nei servizi (a oggi del tutto inadeguati) quali rete stradale, trasporto pubblico locale, smaltimento dei rifiuti e tutela di tutte le acque – quelle bellezze naturalistiche, tra cui il Mare Nostrum, che permetterebbero, in primis, di migliorare le condizioni di vita degli abitanti del Sud e, per altro verso, garantirebbero lo sviluppo adeguato di un turismo internazionale che, da solo, sarebbe in grado di moltiplicare, in via esponenziale, il fattore occupazionale.
Per passare dal sogno alla realtà occorre, tuttavia, una massiccia dose di concretezza, unita a un pizzico di sana umiltà. Fuor di metafora, occorre che le Regioni del Sud la smettano, una buona volta, di porsi “le une contro le altre armate”, alimentando una sterile guerra tra poveri, e si uniscano, di contro, in un fronte compatto che – guidato da una commissione di economisti e di tecnici meridionali, competenti conoscitori dei meccanismi interni dei problemi urgenti, poiché, da sempre, in prima linea per denunciarne gli aspetti e le possibili soluzioni – si imponga al Governo per ottenere, concretamente, la canalizzazione di parte delle risorse economiche provenienti dall’Ue.
Ma non c’è un minuto da perdere girandosi i pollici attorno al problema per poi lasciarlo insoluto, perché certi treni, si sa, vanno presi al volo, specie quando il capostazione sta per fischiare l’ultima chiamata. Sarebbe davvero imperdonabile sprecare, per l’ennesima volta, risorse disponibili e cospicue, in grado di ribaltare, sui mercati e negli scenari europei e con un impiego consapevole e attento, le sorti non solo del Sud ma di tutta la nostra bella Italia, restituendo, in tal modo, fiducia e speranza ai tantissimi giovani, purtroppo, in fuga a migliaia. Perché – e, si badi, non è una visione “romantica” ma un dato di politica economica – non sono i giovani ad aver bisogno dell’Italia ma è l’Italia ad aver bisogno dei giovani, senza i quali alcuna crescita e alcuno sviluppo sono neppure lontanamente immaginabili.
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