Il futuro dell'economia
L’appello di Scudieri: “Recovery Fund ultima chance per colmare gap Nord-Sud”
«Ora la Campania ha un’occasione unica per poter sfruttare il suo potenziale e diventare attrice protagonista in questo cambiamento epocale che vede una rivoluzione industriale, economica e sociale, ma deve saper gestire e collocare al meglio i fondi che riceverà. Serve un piano industriale con l’automotive che farebbe da traino per tutti gli altri settori. Occorrono aree dedicate allo sviluppo dell’innovazione e strategie per rendere attrattiva la Regione agli occhi degli investitori esteri». A parlare è Paolo Scudieri, titolare di Adler Plastic, gruppo internazionale con sede a Ottaviano, che progetta, sviluppa e commercializza componenti e sistemi per l’industria del trasporto. Il Recovery Fund garantirà all’Italia circa 209 miliardi di euro, 71 dei quali dovrebbero essere assegnati al Sud. Una pioggia di denaro senza progetti e strategie rischia, però, di vanificare l’ultima possibilità che il Mezzogiorno ha per colmare finalmente il divario con il Nord e avviare quel processo di sviluppo economico che fatica a decollare. Serve una visione strategica a lungo termine che parta dal Sud ma guardi all’economia internazionale e il primo ingrediente di questa ricetta è senza dubbio l’innovazione, intesa come tecnologia ma anche come formazione delle figure professionali. Secondo Scudieri l’automotive potrebbe essere la fucina ideale di questo cambiamento.
«Il nostro settore – spiega il numero uno di Adler – è all’avanguardia per quanto riguarda le nuove tecnologie, la formazione, la sostenibilità e la ricerca. Le nostre competenze potrebbero essere messe al servizio di tutti gli altri pezzi del puzzle che formano il tessuto economico industriale: nelle infrastrutture, nell’informazione, nella pianificazione della rete urbana e nella riqualificazione delle professioni». Tutto questo in un’ottica moderna e innovativa. Quando parliamo di infrastrutture, per esempio, parliamo di infrastrutture alternative con una rete ferroviaria dotata di stazioni a idrogeno, create sfruttando l’energia eolica e solare. Destinare una parte dei fondi del Recovery Fund all’industria dell’automotive potrebbe rivelarsi la scelta più logica, anche perché andrebbe a supportare un comparto che produce già moltissimo e avrebbe la forza di trascinare con sé gli altri. Il settore automobilistico produce il 7 per cento del pil nazionale, con un volume di affari di 76 miliardi di euro, e coinvolge 274mila addetti ai lavori impegnati nella produzioni di autovetture e circa 150mila addetti alle vendite che lavorano alla parte commerciale. Il Sud ha tutte le qualità e i numeri per inserirsi nel panorama industriale nazionale e internazionale, ma per far sì che l’operazione riesca bisogna lavorare su diversi fronti.
«Serve un piano industriale articolato – spiega Scudieri – che deve prevedere un gemellaggio tra centri di ricerca, università e imprese. Poi bisogna sburocratizzare, altrimenti un imprenditore straniero non investirà mai in Campania». Basti pensare che la Turchia ha una procedura secondo la quale sette giorni sono ritenuti un tempo ragionevole, oltre il quale non si può andare, per concedere a un imprenditore tutti i permessi per attivare la ragione dell’impresa, mentre in Italia dobbiamo fare i conti con tempi biblici anche solo per apporre un timbro su un documento. Ma la Regione dovrà fare di più. «Dovrà agevolare la ricerca e lo sviluppo delle nuove tecnologie, aggiornare i corsi di formazione esistenti, riqualificare le ex zone industriali, creare delle aree dedicate alla progettazione e all’innovazione: replicare l’hub di San Giovanni a Teduccio, risultato del dialogo tra imprese, banca e università, con l’obiettivo di costruire un set di servizi concreti per le startup e le pmi del Mezzogiorno. E in questa ottica – conclude Scudieri – ho realizzato Borgo 4.0, progetto mirato all’integrazione strategica di azioni di ricerca e sviluppo, di innovazione tecnologica, sperimentazione di nuovi modelli e di nuove tecnologie della mobilità. Sono coinvolte 54 imprese, le cinque università campane con i centri di ricerca pubblici e il Consiglio nazionale delle ricerche: un modello che può risultare vincente».
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