Il Coronavirus spaventa, così lavoratori e studenti tornano a casa, le città del Nord si svuotano e l’offerta di stanze e case schizza alle stelle. Sono gli effetti del fenomeno ribattezzato South Working che indica il ritorno a casa di lavoratori meridionali solitamente impiegati nelle città del Nord del nostro Paese. Le regioni settentrionali sono quelle che per prime hanno conosciuto la furia del nuovo virus. Barricati in casa, i “terroni” non ci hanno pensato due volte a disdire i contratti di locazione e tornare nelle rispettive terre di origine.

Il lockdown ha imposto a tante aziende lo smart working e così pc in valigia e via, si lavora da casa. Al Sud. In Italia, secondo l’ufficio studi di Immobiliare.it, la disponibilità di camere rispetto al 2019 è più che raddoppiata (+149%). Milano ha raggiuto numeri da capogiro: l’impennata di offerta di stanze generalmente affittate agli studenti e ai lavoratori fuori sede è pari al +290% su base annuale, quasi quadruplicata rispetto a un anno fa, seguita da Bologna (+270%). Offerta quasi triplicata a Padova che registra un aumento di disponibilità di immobili del 180% e a Firenze (+175%).

Anche Torino, Roma e Napoli si svuotano, facendo registrare rispettivamente un incremento dell’offerta del 108, del 130 e del 100% rispetto al 2019, anno nel quale il Covid-19 e una pandemia erano solo temi per grandi film distopici. Se fino a pochi mesi fa trovare un alloggio era un incubo per studenti e lavoratori che cercavano fortuna al Nord, ora è un’impresa tutt’altro che impossibile e, se guardiamo il versante economico, diventa ancora più semplice. L’aumento considerevole dell’offerta ha bruscamente frenato il caro prezzi. Nel 2020, infatti, non si rileva nessuna impennata dei costi di questa tipologia di locazioni. Anzi, se si analizzano i fitti, si noterà, seppur lieve, un abbassamento dei prezzi. A Bologna e Palermo una stanza singola costa il 9% in meno rispetto al 2019. A Siena, invece, chi cerca un posto letto troverà un ribasso medio del 12%. I nostri giovani, quindi, tornano a casa e i genitori sognano già di non doverli più accompagnare al treno che ferma a Milano. Questione di legami, sì, ma anche di economia.

L’emigrazione dei ragazzi dal Sud è una ferita aperta per la Campania. Secondo un rapporto della Svimez (associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno) le persone che hanno lasciato il Sud sono state oltre due milioni nel periodo compreso tra il 2002 e il 2017, di cui oltre 132mila nel solo 2017. Tra queste ultime, più di 66mila sono giovani (50,4%, di cui il 33 laureati). Il saldo migratorio interno, al netto dei rientri, è negativo per 852mila unità. Il South Working può rappresentare una straordinaria opportunità di recupero di capitale umano per il Sud ma Luca Bianchi, direttore di Svimez, avverte: «Gudicare dalla prospettiva di questi mesi di emergenza può essere fuorviante. Per trattenere i suoi giovani ed eventualmente attrarre quelli già partiti serve progettualità nei campi di istruzione, sanità, connettività, trasporti e Green New Deal».

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Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.