Il futuro della Campania
Auto e turismo culturale, solo così può accelerare lo sviluppo del Meridione
«Chi ha detto che bisogna scegliere tra industria e turismo? Non si tratta di comparti alternativi, anzi: entrambi possono concorrere in modo decisivo allo sviluppo della Campania e del Sud». Federico Pirro, docente di Storia dell’industria all’università di Bari, è tra i 90 firmatari del documento sviluppato dal cantiere Mezzogiorno in Progress nell’ambito dell’Osservatorio Banche & Imprese (Obi). Pirro è tra quelli che hanno individuato nella creazione e nel collegamento di sei piattaforme la chiave per trasformare il Sud nella locomotiva dello sviluppo nazionale. E la prima delle sei piattaforme è quella produttiva, decisiva per attivare i tre o i quattro milioni di posti di lavoro indispensabili perché il Mezzogiorno raggiunga i livelli occupazionali del Nord.
L’avvio della fase 3, dunque, potrebbe ritrovare nell’Italia meridionale un fattore di accelerazione di grande rilievo. E questo perché al Sud sono storicamente sede di grandi impianti industriali ai quali gli economisti dell’Obi riconoscono un ruolo trainante. È il caso della Fca di Pomigliano d’Arco, dove è prevista la produzione della Panda elettrica, e di Nicola di Melfi, dove è in programma l’assemblaggio della Jeep Kompass. Come sfruttare queste potenzialità? Attraverso incentivi all’acquisto di automobili Euro 6, cioè meno inquinanti. In questo senso sembra orientato il governo nazionale, con le forze politiche che sembrano aver trovato l’accordo affinché gli incentivi previsti dal decreto Rilancio per altre categorie di automobili vengano estesi alle Euro 6.
«Ne deriverebbe una fortissima spinta all’economia – sottolinea Pirro – che sarebbe ancora più consistente se si smettesse di criminalizzare il diesel e si desse allo stabilimento di Bari, tra i più grandi in Europa, la possibilità di incrementare lo sviluppo della tecnologia common rail». Oltre che dall’industria, un ruolo di fondamentale importanza potrebbe essere svolto dal turismo. Per fattori storici, ambientali e antropologici, Napoli è una capitale mondiale dell’accoglienza. Ma chi ritiene che le pubbliche amministrazioni e il tessuto imprenditoriale campano e meridionale debbano optare per il turismo in alternativa all’industria, si sbaglia di grosso. «Non si tratta di comparti alternativi – evidenzia Pirro – perché il turismo, che ha bisogno di attrezzature di vario genere, attiva una massiccia domanda di beni industriali. Se il Sud vuole crescere, deve imparare a far convivere queste due vocazioni». Anche questo significa integrare diverse piattaforme di sviluppo, secondo la logica dei 90 addetti ai lavori che hanno sottoscritto il documento di Mezzogiorno in Progress.
Si diceva del turismo, dunque. Superata l’idea sciocca in base alla quale le prospettive di sviluppo del Sud possono esaurirsi nell’accoglienza dei vacanzieri, bisogna riaffermare la valenza strategica del settore dell’ospitalità. Certo, le prospettive non sono rosee: la Campania, secondo Srm, dovrebbe perdere tra i quattro e i sette milioni di presenze e tra i 445 e gli 800 milioni di valore aggiunto a causa del Coronavirus. Anzi, stando a quanto ipotizzato dalla società World capital, la Campania avrebbe già perso dieci milioni di ospiti stranieri. Eppure la salvezza può essere rappresentata dal turismo di prossimità: niente viaggi all’estero, almeno per quest’estate, e vacanze nei luoghi più suggestivi del Sud.
Ecco, secondo gli esperti dell’Obi, l’altra chiave dello sviluppo locale: «Bisogna superare la visione balneare del turismo puntando sul turismo culturale, delle città e dei borghi. Lo sviluppo del settore, che ancora oggi rimane ancorato a un quarto delle sue potenzialità, dovrà puntare alla domanda estera, oltre che a quella nazionale, incentivando proprio la conoscenza dei territori, delle tradizioni locali e degli spostamenti interni». Insomma, la prima delle ricette sostenute dall’Obi è la creazione di un sistema economico-produttivo aperto, attento alle diverse esigenze geopolitiche ed economiche mondiali, orientato non solo e non tanto al mercato tedesco e nord-atlantico, ma capace di proiettardi a Oriente o a Occidente attraverso la piattaforma logistica del Mediterraneo.
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