C’era un tempo in cui i liceali di tutto il Sud si riversavano a Napoli per laurearsi. Certo, a favorire quella tendenza erano il minor numero di università rispetto a oggi e la fama di cui godevano alcune facoltà partenopee. Poi quel rapporto si è ribaltato. E ora sempre più diplomati a Napoli, in Campania e al Sud decidono di laurearsi al Nord. Il che, se da un lato può favorire l’inserimento di migliaia di giovani in un mercato del lavoro senz’altro più vivo come quello settentrionale, dall’altro contribuisce al progressivo depauperamento del Mezzogiorno. A descrivere questo trend è l’ultimo rapporto pubblicato dal consorzio Almalaurea. Quasi tutti i diplomati al Nord scelgono un’università in quella stessa area. Stesso discorso per i giovani che hanno conseguito il titolo al Centro, sebbene in questo caso la percentuale scenda dal 97 all’87. È per i liceali del Sud e delle isole che il fenomeno migratorio assume proporzioni notevoli: più del 26 per cento sceglie di conseguire la laurea in atenei del Nord e del Centro.

Per motivi di studio, dunque, il Mezzogiorno perde quasi un quarto dei diplomati. Ciò significa che, nel passaggio dal diploma alla laurea, il Nord guadagna capitale umano a scapito del Sud e così alimenta ulteriormente il proprio tessuto economico e culturale. «Gli atenei del Mezzogiorno sono quelli che hanno maggiormente risentito del definanziamento delle università italiane degli ultimi anni – spiega Eugenio Mazzarella, ordinario di Filosofia teoretica alla Federico II e in passato membro della Commissione cultura della Camera – Senza dimenticare la debolezza del tessuto produttivo che non offre ai laureati adeguate possibilità di inserimento».

Da questa situazione, dunque, si esce distribuendo diversamente le risorse destinate alle università e creando le condizioni per un rilancio di attività produttive e servizi. «Il sistema universitario del Sud va finanziato in modo aggiuntivo così da colmare il gap con quello del Nord – conclude Mazzarella – ma soprattutto bisogna dotare il Mezzogiorno di infrastrutture e servizi che spingano le aziende a investire sul territorio e a dislocarvi centri produttivi, oltre che ad attingere al bacino di laureati in quella stessa zona». Passando ad analizzare la Campania, colpisce la bassissima percentuale di laureati provenienti dalle scuole superiori del Nord: non si va oltre lo 0,2 e lo 0,5 per quanto riguarda rispettivamente l’università Suor Orsola Benincasa e la Federico II, mentre la “migliore” performance la fa segnare l’Orientale col suo 1,1.

Segno che gli atenei regionali attirano meno di quelli settentrionali come Siena, il Politecnico di Torino e il San Raffaele di Milano dove rispettivamente il 37, il 35.9 e il 24.2 per cento dei laureati proviene dal Sud. Come si fa a rendere più appetibili le università regionali evitando che i giovani fuggano al Nord? Decisivo è il confronto tra il mondo accademico e il tessuto produttivo. È questa la strategia adottata dal Suor Orsola Benincasa che fa segnare dati incoraggianti per quanto riguarda l’efficacia dei titoli di studio: «Per il 73 per cento dei nostri laureati – fanno sapere dall’ateneo di corso Vittorio Emanuele – il titolo si è rivelato utile per il lavoro svolto: occorre monitorare le esigenze delle imprese e ricalibrare l’offerta formativa. Così le università campane possono vincere la sfida».

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Classe 1987, giornalista professionista, ha cominciato a collaborare con diverse testate giornalistiche quando ancora era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza dell'università Federico II di Napoli dove si è successivamente laureato. Per undici anni corrispondente del Mattino dalla penisola sorrentina, ha lavorato anche come addetto stampa e social media manager prima di cominciare, nel 2019, la sua esperienza al Riformista.