A novembre 2022 l’anno non è ancora terminato ma la conta delle morti ha numeri da record. Secondo quanto riportato da Mauro Palma, Garante Nazionale dei detenuti, nel 2022 sono decedute 186 persone ristrette in carcere, tra esse 77 per suicido e 27 per cause da accertare.  Palma ritiene “essenziale proseguire con ancor maggior puntualità nel proprio impegno di verifica e analisi delle condizioni detentive negli istituti del nostro paese”. Il Garante chiede impegno affinché si realizzino condizioni che sappiano tenere insieme “efficacia, umanità e piena adesione al dettato costituzionale sull’esecuzione penale”. I numeri dei morti in carcere sono la fotografia di un disagio che sta diventando incontenibile. Nelle prigioni italiane non c’erano mai stati numeri così drammatici. “Numeri da democrazia della vergogna”, come scrive al Riformista Luigi Mollo, corso di laurea in scienze politiche relazioni internazionali diritti umani presso l’Università degli studi di Padova, progetto università in carcere. Riportiamo di seguito le sue parole.

Gennaio 2022 – novembre 2022, mattanza di Stato nelle carceri.
Numeri da democrazia della vergogna. Istituzioni e Forze dell’Ordine che continuano a calpestare sia la Costituzione che lo Stato di Diritto, una vera e propria istigazione al suicidio. Quando qualcuno muore di carcere, in carcere o fuori, il caso non esiste.
Direttore, Comandante, Direttore Sanitario, Educatori, Psicologi e Psichiatri, tutti Ponzio Pilato dei giorni nostri, un segno meno tra l’indifferenza dell’umanità. Il carcere e diventato una fabbrica di morti. Intanto fuori i ‘buoni’ continuano a fare i ‘buoni’ e buona morte ai ‘cattivi’ che decidono di togliersi la vita perché dimenticati dalla società. E buona vita ai ‘buoni’ e agli ignavi che non fanno nulla per evitarlo.

Chi sbaglia è giusto che paghi, ma non c’è scritto da nessuna parte che chi è condannato debba anche rischiare di morire per una pena o debba patire sofferenze non previste in nessuna sentenza penale di condanna. Dov’è lo Stato dove convivono i “buoni e i cattivi”? Mancano le di reti di sostegno familiare, il personale penitenziario quantitativamente adeguato e qualitativamente capace e motivato, manca un territorio ricco e capace di accogliere e accompagnare una persona proveniente dal carcere, una magistratura di sorveglianza sensibile e determinata a scommettere sulle alternative alla detenzione e che non abbia fretta di firmare rigetti che spesso si tramutano in condanne a morte, per non parlare dell’ufficio di esecuzione penale esterna che ad oggi non è in grado di sostenere i ritmi della stessa giustizia per carenza di personale. Facile è la rassegnazione per chi rappresenta un istituzione che discrimina il criminale non essendo consapevole del cambiamento psicofisico di una persona sottoposta alla privazione della libertà personale. Facile perché al detenuto si priva anche del suo stesso nome, ed è immatricolato con un numero…Fortuna non tatuato sul braccio.

Luigi Mollo

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