Vent’anni fa a Londra le “private hire vehicles” (PHV, le auto private con conducente, i prototipi di Uber, per intenderci) erano già il doppio dei taxi: 40mila contro 20mila. Oggi sono più che raddoppiate, arrivando a oltre 80mila. Mentre i taxi oscillano tra 22-25mila. Non è una questione nominalistica: Taxi, Ncc, Uber purché il servizio che assicura la mobilità urbana, non di linea, nelle nostre città debba essere garantito. Muoversi è un diritto essenziale di qualunque cittadino. Impedirglielo vuol dire ridurgli la libertà.

Il DL Asset

La questione è semplice. Ma il problema dei taxi in Italia è di quelli che non trovano soluzione. Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, poco più di un anno fa, annunciò il decreto legge “Asset” (chissà poi perché si usano anglicismi per “titolare” i decreti legge o per denominare un dicastero?): la panacea per l’annosa questione della carenza di taxi. Impegno ai limiti del verosimile. Più o meno come la fine della povertà proclamata da Giggino Di Maio, dopo l’istituzione del Reddito di cittadinanza. La povertà è rimasta (tranne che per Di Maio) e i taxi hanno continuato a essere merce rarissima, in quasi tutte le città italiane.

La seconda guida

Urso ricapitolava che “la riforma prevede tre cose. La prima è la possibilità di ottenere la seconda guida in sole 24 ore. Ai tassisti basterà comunicare la volontà al Comune, e automaticamente sarà concessa. È un modo per aumentare il servizio degli attuali taxi. La riforma poi rende più chiara la normativa sulle licenze temporanee.

L’ulteriore licenza

Gli attuali tassisti potranno avere una ulteriore licenza per un massimo di due anni in vista di importanti eventi come il Giubileo a Roma, piuttosto che le Olimpiadi Milano-Cortina.

I concorsi

Poi c’è il terzo punto. Si tratta di concorsi che si aggiungono a quelli ordinari, che i sindaci avrebbero potuto effettuare in questo decennio e che restano comunque in vigore. Il tetto alle licenze straordinarie dei taxi – proseguiva Urso – sarà del 20 per cento del totale. Ci aspettiamo che i sindaci utilizzino questi nuovi strumenti più veloci e semplici. Possono farlo immediatamente”.

Il DL Asset non ha cambiato nulla

Quasi una sfida all’ok corral, tra Governo e Sindaci. Difficile dire di chi sia la colpa, o la responsabilità (Sindaci o Governo centrale?), anche se in questo caso le licenze vengono emesse dai Comuni. Ma in buona sostanza il decreto “Asset” non ha cambiato nulla. E resta il fatto che – a esempio a Roma – le mille licenze in più (oltre alle 7800 vigenti) sono attese presto, prestissimo, ma è passato più di un anno dal decreto “promesse”. E i taxi non sono aumentati.

Dei Taxi ne faremo a meno

Qualche decennio fa, Nino Nutrizio, un giornalista che avrebbe meritato maggior fama – non solo per aver fondato un vero fenomeno editoriale, “La Notte”, giornale del pomeriggio che arrivò a 250mila copie – durante una “Tribuna politica” estrasse un pacco da un chilo di riso e chiese all’onorevole malcapitato quanto costasse? Fu scena muta. Erano anni in cui i politici, ogni tanto si vergognavano, non essendo avvezzi alla comunicazione. Oggi sarebbe da chiedere a Gualtieri quante volte abbia utilizzato un taxi a Roma. La sua analisi sull’utenza avrebbe avuto maggiore autorevolezza se fosse stata figlia di un sondaggio tra gli utenti in fila a Termini, o in piazza di Torre Argentina.

Le nostre città e le amministrazioni che le governano sono ostaggi di alcune minoranze che – nonostante la condizione di concessionari di un servizio pubblico – si comportano come padroni di un privilegio, contrastando la libera concorrenza – come nel caso di Uber, che ha preferito buttarsi nel mercato dei monopattini – a tutto discapito dei cittadini, residenti o turisti poco importa. Per dare un colpo al cerchio e una alla botte, l’ineffabile Gualtieri ha voluto conquistarsi qualche consenso presso i cittadini di buonsenso, facendo propria – senza dirlo – un’idea avanzata dall’Autorità di regolazione dei trasporti, l’Art. L’autorità sottolineava come fosse “opportuno che Roma Capitale incentivi l’impiego dei tassametri dotati di Gps, in grado di monitorare in tempo reale la posizione del veicolo e inviare i dati di servizio a un server remoto per analisi successive, nonché di mantenere in memoria le informazioni in merito alle corse effettuate, consentendo di ottenere informazioni precise riguardo il numero, la percorrenza e la durata di ogni corsa taxi, essenziali alle attività di monitoraggio e programmazione dell’ente”.

Di quanti Taxi ha bisogno Roma

In questo modo, tra l’altro, si capirebbe anche meglio di quanti taxi ha effettivamente bisogno Roma visto che sempre l’Art aveva detto come 1.000 licenze fossero poche rispetto alle esigenze della città. Il monitoraggio del Gps potrebbe anche fornire qualche dato utile sulle vere percorrenze delle macchine bianche, un dato che incrociato con le denunce dei redditi, potrebbe aiutare l’emersione di qualche evasione. Possibile che dei concessionari pubblici possano ancora oggi sottoutilizzare tutta la tecnologia disponibile per documentare i chilometri percorsi? Quella dei taxisti non sarà certo l’unica categoria dove l’evasione fiscale è significativa, ma da qualche parte si dovrà pur cominciare.