“Se ci sono più di 200mila persone nel gruppo, di cui migliaia di pazienti che hanno contratto il covid che scrivono nel gruppo chiedendo aiuto, significa che qualcosa nel Sistema Sanitario Nazionale non ha funzionato e continua a non funzionare”. È questo che ha spinto Erich Grimaldi, avvocato napoletano, a iniziare l’avventura dell’enorme gruppo su Facebook dal titolo “Terapia domicilare Covid”, che ad oggi conta precisamente 262.876 membri, tra cui ci sono persone che hanno contratto il covid, cittadini in cerca di risposte e centinaia di medici, infermieri, psicologi, nutrizionisti e chiunque possa essere utile nella lotta contro il virus.

L’ESERCITO BIANCO – Intervistato dal Riformista, Grimaldi racconta che l’iniziativa è nata durante il primo lockdown quando il virus sembrava una bestia insormontabile. “Stando a casa notavo che in alcune regioni c’erano più decessi rispetto ad altri – ha detto – cominciai a capire che c’era qualcosa che non mi quadrava sull’approccio terapeutico”. Così, dall’idea di un avvocato, nacque un primo gruppo Facebook che si chiama l’Esercito bianco in cui confluivano medici di diversi territori italiani e lì iniziarono le dirette per far confrontare i territori. “Misi in contatto Luigi Cavanna di Piacenza, uno dei primi a iniziare le cure precoci a domicilio e a oggi ha curato circa 530 pazienti a casa con una ospedalizzazione molto ridotta. Lo collegai ad Andrea Mangiagalli della Lombardia, il professor Garavelli delle malattie infettive di Novara, e tanti altri medici che volevano capire come fare a curare questo virus“.

La polemica sull’uso dell’idrossiclorochina per curare il Covid

Negli studi fatti Grimaldi capì che in molte zone del mondo si curavaa il Covid con l’idrossiclorochina, un farmaco praticamente demonizzato ma autorizzato e usato spesso in America.

“Il 30 aprile inviai una pec all’Aifa, al ministero della Salute, alla Presidenza del Consiglio e alle Regioni in cui sostenevo che trovandoci di fronte a una pandemia dove tutti eravamo uguali di fronte alle restrizioni economiche e territoriali, era opportuno che tutti dovessimo essere curati allo stesso modo – racconta l’avvocato napoletano –  Ognuno pensava alla sua realtà, invece bisognava mettere in collegamento tutte le diverse esperienze”.

Alla Pec non ha avuto risposta. “In quel periodo si sollecitavano le persone ad aderire alla determina dell’Aifa che prevedeva l’utilizzo dell’idrossiclorochina e azitromicina, poi successivamente anche l’eparina – racconta Grimaldi –   Si scoprì, attraverso le autopsie, che le cure venivano ritardate da quel consiglio che dava il ministero della salute di non effettuare le terapie nella prima parte dell’emergenza sanitaria. Non tutte le Regioni si adeguavano alla determina. In alcune regioni non c’era il protocollo di cure domiciliari. In Campania, per esempio, il primo protocollo fu pubblicato il 15 di maggio quando il lockdown era ormai finito”.

Grimaldi accusa lo Stato di non aver mantenuto le promesse o i buoni propositi. “Non si è rispettato il decreto del 9 di marzo che prevedeva le istituzioni delle Usca, quelle unità speciali che avrebbero dovuto fare da raccordo con il medico di medicina generale. Ne era prevista una ogni 50mila abitanti con almeno 10 medici per ognuna che sarebbero dovuti entrare a regime entro 10 giorni dall’entrata in vigore del decreto. Ma ancora oggi ci sono regioni senza Usca ogni 50mila abitanti e soprattutto tanti medici sono giovanissimi e non hanno le competenze per usare un ecografo che spesso nemmeno hanno. Queste sono le segnalazioni che arrivano sul nostro gruppo”.

L’avvocato ripercorre tutte le tappe che poi hanno portato il gruppo a creare un protocollo per l’intervento domiciliare contro il Covid. “A maggio alcuni medici americani pubblicarono uno studio su The Lancet su alcuni pazienti ospedalizzati curati con l’idrossiclorochina – racconta Grimaldi –  Da quel momento questo farmaco viene demonizzato in tutto il mondo, diventa il farmaco dei potenti perché lo utilizzava Trump. Improvvisamente l’Organizzazione Mondiale della Sanità sospendeva l’uso del farmaco e di seguito anche l’Aifa. L’Idrossiclorochina è un farmaco che costa molto poco con ogni scatola si curano due pazienti e che i medici del nostro gruppo hanno provato e dicono che funziona”.

Basandosi sull’esperienza dei medici presenti nel gruppo Grimaldi ha iniziato la sua battaglia contro l’Aifa per l’introduzione di quelle cure bandite dall’Italia o almeno guardate con sospetto. “Con i medici del gruppo abbiamo fatto istanza all’Aifa e The Lancet ritrattava il suo studio e la sua pubblicazione veniva cancellata. L’Organizzazione Mondiale della Sanità riprendeva la speriementazione ma l’Aifa no. Così abbiamo nuovamente fatto ricorso al Tar. A Settembre l’Aifa deposita gli studi randomizzati e il Tar ha rigettato il ricorso sull’idrossiclorochina in fase di ospedalizzazione. Noi invece non abbiamo mai detto che l’idrossicolorochina funzionava al 20esimo giorno dall’insorgenza dei sintomi ma noi parlavamo di fase precoce. Mi sono confrontato con medici di tutto il mondo. Impugnai con delle motivazioni aggiunte anche la seconda nota dell’Aifa che ne vietava addirittura la prescrizione di questo farmaco. Infine l’11 dicembre il Consiglio di stato ha colto la nostra istanza cautelare ed è ripresa la possibilità di prescrivere l’idrossiclorochina. La motivazione? In emergenza i medici devono poter usare qualsiasi farmaco possono ritenere utile nella lotta al virus per il quale la cura non c’è ancora”. Attualmente in Italia l’Aifa ha sospeso l’autorizzazione all’utilizzo di idrossiclorochina e clorochina per il trattamento del COVID-19 al di fuori degli studi clinici.

Lo scontro con Burioni sull’idrossiclorochina finisce in tribunale

“Il Piemonte ha istituzionalizzato la schema terapeutico simile al nostro che prevede anche l’idrossiclorochina”, ha detto Grimaldi che intanto sta facendo il giro delle regioni per presentare il suo protocollo alle istituzioni tra cui anche Sileri. È scattata la polemica con Roberto Burioni che dai social ha definito il medici del gruppo “dissennati”. “Burioni dice a questi medici che rischiano la vita andando a casa dei pazienti rischiando di contagiarsi pur di curarli, di non usare l’idrossiclorochina e ai pazienti di buttarla e di denunciare i medici che la prescrivono quando lui un ammalato non lo ha mai visto– spiega Grimaldi – Lui è un virologo da Tv, non l’ho mai visto in prima linea”.

Burioni ha accusato anche il gruppo Facebook di essere pericolosi divulgatori di cure sbagliate. “Si deve ricordare che io mi sto sostituendo alle istituzioni – gli risponde Grimaldi – Noi stiamo facendo qualcosa che doveva fare il governo o le Regioni e non certo io. Se sono così tante le persone a chiederci aiuto significa che c’è qualcosa nel sistema che non sta funzionando. Si informasse prima di accusare. Ma comunque ho intenzione di denunciare Burioni, dunque ne parleremo in Tribunale. Sono già centinaia le persone che mi hanno incaricato di denunciarlo”.

E Rilancia al virologo: “Burioni, visto che vuoi fare questo tipo di polemica, prenditi i risultati dei territori e facciamo uno studio insieme e pubblichiamo i dati dei medici che hanno curato migliaia di pazienti a casa e a domicilio, senza utilizzare i farmaci che dici tu o con l’idrossiclorochina”.

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Giornalista professionista e videomaker, ha iniziato nel 2006 a scrivere su varie testate nazionali e locali occupandosi di cronaca, cultura e tecnologia. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Orgogliosamente napoletana, si occupa per lo più video e videoreportage. È autrice anche di documentari tra cui “Lo Sfizzicariello – storie di riscatto dal disagio mentale”, menzione speciale al Napoli Film Festival.