Un po’ meno di cento milioni è la cifra che serve a chiudere definitivamente i conti con il terremoto del 23 novembre del 1980 che colpi’ l’Irpinia e la Basilicata, provocando la morte di oltre 3 mila persone. In provincia di Avellino si contò il maggior numero di vittime. A distanza di 39 anni, la “coda” della ricostruzione fa riferimento a risorse nazionali stanziate nel 2008 ma mai rese concretamente disponibili destinate ad opere pubbliche da completare nei comuni colpiti, ma anche all’edilizia privata. Lo sblocco è stato reso possibile grazie al comitato insediato alcuni anni fa dalla Regione Campania presieduto da Roberta Santaniello, del quale fanno parte i sindaci, che ha consentito la semplificazione e la velocizzazione delle procedure burocratiche.

La ricostruzione delle zone terremotate resta una storia lunga e tormentata. Soltanto da alcuni anni si sono spente le polemiche sull’utilizzo in particolare delle risorse destinate alla industrializzazione delle aree del “cratere” finite nel mirino della Commissione parlamentare d’inchiesta presieduta da Oscar Luigi Scalfaro ma i sindaci irpini hanno sempre rivendicato la corretta gestione dei fondi per ricostruire 18 paesi rasi al suolo e 99 devastati dalla scossa che alle 19:34, con epicentro tra Irpinia e Basilicata, con una magnitudo pari al decimo grado della Scala Mercalli, provoco’ anche 8 mila feriti e 300 mila abitazioni ed edifici pubblici distrutti o inagibili.

Per la ricostruzione delle case, che ha riguardato 687 comuni di Campania, Basilicata e Puglia, (inizialmente i comuni inclusi erano 280, ndr) sono stati spesi 29 miliardi di euro, compresi i 14 mila miliardi di lire stanziati dal Titolo Ottavo della Legge 219 per l’edilizia residenziale della città di Napoli. Il processo di industrializzazione delle zone terremotate, la cosiddetta “industria in montagna”, progettato per impedire una nuova ondata migratoria, si è sviluppato in nove aree industriali localizzate nel “cratere” del sisma in Irpinia e Basilicata. Inizialmente dovevano essere tre, che poi raddoppiarono fino a triplicare. Quelle insediate in provincia di Avellino danno lavoro a oltre 4 mila persone con addetti in importanti riferimenti produttivi di eccellenza nel settore aerospaziale e agroalimentare come Ema-Rolls Royce, Zuegg, Ferrero.

Numerose le iniziative che hanno caratterizzato l’anniversario. In particolare, ad Avellino, un sopravvissuto al sisma, Leonardo Pescitelli, ha incontrato i Vigili del Fuoco che lo estrassero vivo tre giorni dopo dalle macerie della casa nel centro storico di Avellino nella quale persero la vita i suoi genitori. Leonardo che aveva tre anni venne poi adottato da una zia. A Lioni, uno dei centri del “cratere” più colpiti insieme a S. Angelo dei Lombardi. Conza della Campania, Teora e San Mango sul Calore, e’ intervenuto il capo Dipartimento della Protezione Civile, Mauro Dolce: “Non c’e’ nessuna parte del Paese – ha detto – pronta a fronteggiare terremoti disastrosi ma, a cominciare dai territori colpiti dal sisma, siamo in grado di resistere a calamità naturali di valore medio-basso”.

Dolce ha poi sottolineato il lavoro del Dipartimento sul fronte del monitoraggio degli edifici “che hanno tendenziali carenze strutturali” e su quello della cultura della prevenzione. Sui temi non meno emergenziali del dissesto idrogeologico e’ intervenuto il vice presidente della Regione Campania, Fulvio Bonavitacola, che ha annunciato la creazione di un’unica societa’ in house che funzionera’ da cabina di regia per gli interventi di prevenzione. A margine delle manifestazioni in ricordo delle vittime del sisma, il vescovo di Avellino, monsignor Arturo Aiello, che nel pomeriggio ha presieduto la funzione in Duomo, ha richiamato l’attenzione “sulla nuova diaspora demografica che spopola i nostri paesi. Il compito – ha detto il presule – è quello di riscoprire comunità e relazioni in luoghi ricostruiti senza memoria dai quali nasce lo sgretolamento di rapporto tra il territorio e le comunità”.

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