Nonostante siano passati 39 anni dal devastante terremoto che colpì l’Irpinia, le macerie restano ancora nelle persone che hanno vissuto quella tragedia. Erano le 19.34 del 23 Novembre 1980 quando in un solo minuto e venti secondi tre scosse di terremoto, in sequenza, rasero al suolo interi paesi della Campania, colpendo anche la Basilicata. Il sisma fu uno dei più forti mai verificati con magnitudo 6.5 sulla scala Richter e nono grado della scala Mercalli causando circa 280.000 sfollati, 8.848 feriti e, secondo le stime più attendibili, 2.914 morti. In realtà questa cifra non è mai stata del tutto confermata in quanto ci furono altre migliaia di persone che non furono mai ritrovate. L’epicentro vide coinvolte le zone di Teora, Castelnuovo di Conza e Conza della Campania. In particolare, la frazione Sella del piccolo comune irpino di Conza fu individuata come il punto da cui partì la scossa. Da quel momento il paese è rimasto disabitato fermo a quei tragici momenti, con le case diroccate e il paesaggio stravolto. Ma purtroppo non è l’unico ad essere rimasto così.

Gli effetti si sentirono anche in altre regioni italiane, colpendo soprattutto il centro sud. La scossa su così violenta da devastare un’area di 17.000 chilometri quadrati, grande quanto il Belgio, che andava dall’Irpinia al Vulture, interessando le province di Avellino, Salerno e Potenza. I comuni maggiormente colpiti che raggiunsero il massimo della scala Mercalli furono quelli di Castelnuovo di Conza, Conza della Campania, Laviano, Lioni, Sant’Angelo dei Lombardi, Senerchia, Calabritto e Santomenna.

LE POLEMICHE – Anche in un’occasione così grave non mancarono le polemiche. Tuttora dopo quasi quarant’anni la vicenda del terremoto in Irpinia è avvolto da misteri e lati oscuri. Una delle discussioni ancora in atto è quella che riguarda i soccorsi. Infatti, gli aiuti tardarono ad arrivare per diversi motivi: innanzitutto l’assenza di un’organizzazione come la Protezione Civile, la quale nacque solo dodici anni dopo. Furono moltissimi i volontari e le forze armate che furono chiamate per aiutare le popolazioni colpite, ma erano troppe le difficoltà di accesso alle zone dell’entroterra, che in quel momento erano ancora più isolate a causa del crollo di ponti e strade. Inoltre, le infrastrutture elettroniche e telefoniche erano i cattivo stato, provocando uno sconforto totale nel non riuscire a far arrivare tutti i soccorsi utili.

In seguito, le critiche e le polemiche riguardarono soprattutto la ricostruzione delle abitazioni. I fondi stanziati per questo devastante evento furono assorbiti dalla speculazione di ogni tipo, tanto che nel 1989 l’allora Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, diede il via ad una Commissione d’inchiesta per analizzare la gestione dei 50 miliardi delle vecchie lire, ingente quantità di denaro che non trovò una giusta collocazione per ricostruire i paesi, le città e le abitazioni delle persone totalmente devastate non solo dal terremoto ma anche dall’incertezza di una dimora dove vivere. Da quel fatidico giorno non cambiò volto soltanto la Campania ma l’Italia intera. Come ogni anno il sisma dell’80 viene ricordato da tutto il Paese ma soprattutto dai Comuni dell’Alta Irpinia, i quali pagarono non soltanto con la perdita di vite umane ma anche con uno stravolgimento urbanistico, economico e sociale.

LA SOLIDARIETA’ – E’ in occasioni come questa che la solidarietà dovrebbe risultare il collante tra il Nord e il Sud. In occasione del terremoto in Irpinia ci fu una gara di comunanza tra sindacati e forze politiche che sostennero la regione e gli abitanti. Moltissime furono le persone che da città settentrionali vennero in Campania per prestare soccorso. In questi 39 anni la nostra Penisola è stata colpita da altri forti terremoti come quello di San Giuliano di Puglia nel 2002, quello dell’Aquila nel 2009 e quello di Amatrice del 2017. E in tutte queste occasioni la coesione è il conforto di tutta l’Italia hanno potuto rendere le macerie meno pesanti.