Sette anni di attesa per un diritto già maturato: una discriminazione tra lavoratori pubblici e privati che va cancellata subito. Le sette sigle sindacali del pubblico impiego CGIL, UIL, CGS, CSE, COSMED, CIDA e CODIRP hanno presentato ieri, 17 febbraio, a Roma, i dati aggiornati sulle pesanti conseguenze del differimento del TFR/TFS.
Il verdetto è chiaro: ogni lavoratore pubblico perde in media 11.735 euro, con una riduzione del 14,2% sul proprio trattamento di fine servizio a causa dell’inflazione e del ritardo nei pagamenti. Complessivamente, solo nel biennio 2022-2023, i dipendenti pubblici hanno subito un danno economico di oltre 2 miliardi di euro.

Un’ingiustizia che dura da 15 anni

Mentre nel settore privato il TFR viene erogato nei tempi previsti, per i lavoratori pubblici lo Stato ha introdotto tempi di attesa fino a 7 anni, con effetti devastanti sulle loro finanze personali. La Corte Costituzionale ha già chiesto al Parlamento di intervenire, ma ad oggi nulla è cambiato. Anzi, la recente Legge di Bilancio 2025 ha peggiorato la situazione, differendo ulteriormente il pagamento per migliaia di lavoratori. “Abbiamo l’età pensionabile più alta di Europa, poi ritardiamo l’erogazione della retribuzione finale, quella che serve, come dice la Corte Costituzionale, a sostenere il delicato passaggio da vita lavorativa attiva a vita non lavorativa, la rateizziamo e la differiamo tanto da arrivare a molto dopo il pensionamento.
Stiamo arrivando all’età limite dell’aspettativa di vita? La vogliamo far arrivare all’età cimiteriale?” E’ la domanda provocatoria di Tiziana Cignarelli, Segretario Generale CODIRP al Presidente della commissione Lavoro della Camera, Walter Rizzetto che è intervenuto all’incontro e che vede qualche luce sul tema “Sono talmente a favore di iniziative che possano armonizzare i due settori che ho subito calendarizzato qualche mese fa le due proposte parlamentari, dopodiché ho dovuto trasmettere gli atti con una relazione a coloro che hanno il cordone del portafogli nel nostro Paese, il Mef e la Ragioneria. Poi ci siamo fermati alle coperture. E’ una questione su cui comunque si sta lavorando. Credo ci possano essere dei punti di ricaduta a breve”.

“In più, con vari escamotage, leggine, interpretazioni in danno, stiamo man mano riducendo gli importi da erogare – continua Cignarelli – Eppure i dipendenti pubblici sono i maggiori contribuenti delle entrate dello Stato. Sia per IRPEF versato (51%) che per contributi. A questo punto stiamo parlando di lavoratori in credito con lo Stato che non solo hanno meno servizi rispetto a quanto contribuiscono, ma non hanno nemmeno ritorni in termini retributivi proporzionati”.
I risparmi sulla spesa pubblica negli ultimi 20 anni sono arrivati proprio dal pubblico impiego visto che il costo del lavoro pubblico è in costante riduzione a fronte di una spesa pubblica che cresce.

Lettera al Governo: “Non è più accettabile il silenzio”

Prima dell’incontro, le organizzazioni sindacali hanno inviato una lettera alla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e ai Ministri competenti, chiedendo un intervento immediato per cancellare questa disparità.

“Non accettiamo che il trattamento di fine servizio venga trattenuto per anni senza alcuna giustificazione. Il Parlamento e il Governo devono trovare una soluzione immediata per garantire ai lavoratori pubblici lo stesso trattamento di quelli privati” – è la posizione unanime dei sindacati.

Mobilitazione e petizione su Change.org

La battaglia non si ferma qui. È stata lanciata una petizione su Change.org dal titolo “No al sequestro illegittimo delle liquidazioni dei dipendenti pubblici (TFS-TFR)”, per dare maggiore forza alla mobilitazione che ha già raccolto oltre 50.000 firme.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.