Altro che “centrale di malaffare di vastissime proporzioni”. Il patteggiamento non è un pareggio ma “una vittoria” perché “sono passato da essere Al Capone ad aver parcheggiato la macchina in divieto di sosta. La montagna delle accuse ha partorito un topolino”. Giovanni Toti commenta così la decisione di patteggiare con la procura di Genova una condanna a due anni e un mese sostituita con 1500 ore di lavori socialmente utili.

Toti: “Parlamento populista”

Nelle interviste rilasciate al Corriere della Sera e al Giornale, l’ex governatore è lucido nell’analizzare e nello spiegare le ragioni che l’hanno portato a trovare un accordo con i magistrati che dal maggio scorso, e per oltre 80 giorni, lo hanno relegato agli arresti domiciliari con accuse pesantissime. Toti non si scaglia contro le toghe, che “secondo me hanno interpretato male ciò che avevano”, ma contro la politica e il Parlamento che “in un clima di estremo populismo, ha prodotto le leggi che hanno causato tutto questo. Se la politica non avrà il coraggio di cambiare alcune situazioni resterà sempre succube di se stessa, non delle Procure”.

Toti: “Vite devastate per arrivare poi a 1500 ore di lavori utili”

Non a caso ribadisce la debolezza di una inchiesta che ha terremotato la regione da lui guidata. “Si può sbagliare, ma se la vita politica di una regione e la vita di tante persone possono essere devastate da qualcosa che poi produce un accordo su 1.500 ore di lavoro socialmente utile io penso che sia il legislatore a dover intervenire”. “Io- aggiunge – mi ritengo innocente perché ho agito per l’interesse pubblico. I pm hanno sostanzialmente confermato che non c’era un atto illegittimo tra quelli che, secondo loro, sarebbero stati da me influenzati così come, evidentemente, erano legittimi i finanziamenti al Comitato Toti”.

Perché Toti ha deciso di patteggiare: la lezione ad Orlando

Nonostante le accuse dall’opposizione, a partire addirittura dall’ex ministro della Giustizia Andrea Orlando (che sogna la poltrona occupata da Toti fino a pochi mesi fa e che allo stesso tempo dimostra che sulla giustizia ne ha ancora di strada da fare), che ritengono il patteggiamento l’ammissione che qualcosa di illecito c’era, Toti prova a spiegare ovvietà che un giustizialista probabilmente non metabolizzerà mai. “Nel nostro ordinamento – ricorda al Giornaleil patteggiamento non è un’ammissione, non lo è mai stato. É un accordo che lascia due sentimenti contrastanti. L’amarezza di non aver perseguito fino in fondo le proprie ragioni di fronte alla certezza di vedersele riconosciute forse tra due decenni, con un calvario giudiziario lunghissimo. Ma anche la soddisfazione che ne siano state riconosciute molte altre. E poi, sarebbe stato un martirio processuale piuttosto solitario, non ho visto la politica stracciarsi le vesti o riflettere profondamente su quello che è accaduto in Liguria”.

Al Corriere aggiunge: “La Procura ha messo qualcosa di irrifiutabile a fronte della prospettiva di decenni di udienze per un giudizio immediato, un secondo e forse un terzo filone di indagine che avrebbero occupato un ventennio di vita personale e del Tribunale”.

Toti e l’attacco al centrodestra: “Pochi dietro di me”

Purtroppo nella subdola opinione pubblica essere indagato (manco imputato) equivale già a una condanna (mediatica). Figuriamoci se si decide di patteggiare. Toti questo lo sa bene e archivia anche i mal di pancia nel suo centrodestra, salvando pochissimi esponenti: “Non ho visto un lungo corteo accompagnarmi verso il Golgota. In tutta franchezza, girandosi con la croce sulle spalle, tranne qualche eccezione, dietro c’era un imbarazzante vuoto”. Per Toti – e qui arriva una critica indiretta anche alla premier Meloni – “il centrodestra, a parte Salvini, Nordio, gli amici dei Moderati e Crosetto, non ha reagito, non si è interrogato sul perché un’amministrazione regionale sia stata decapitata sulla base di pratiche e finanziamenti oggi riconosciuti come legittimi. Siamo stati messi sotto accusa perché avevamo un modo amichevole di trattare con il mondo delle imprese e di andare incontro ai loro bisogni, stimolando pratiche veloci?”.

Orlando prova a giustificare il parto del topolino

E’ già in campagna elettorale invece Andrea Orlando che prova ad arrampicarsi sugli specchi pur di giustificare il topolino partorito dall’inchiesta della Procura. Su Instagram scrive: “L’accordo di Giovanni Toti con la Procura per patteggiare è un implicito riconoscimento di responsabilità. Mi pare che chi ha parlato di persecuzione immotivata, chi ha parlato addirittura di congiura, debba in qualche modo ricredersi. Alla politica non compete di ribadire ciò che accade nei tribunali, ma di trarne delle conseguenze, e la conseguenza è che evidentemente esisteva un sistema di relazioni che in qualche modo ha distorto il funzionamento istituzionale”.

L’ex ministro della Giustizia tira in ballo anche Bucci, attuale sindaco di Genova candidato a governatore della Liguria per il centrodestra: “Toti era il protagonista principale, ma non l’unico: lo era sicuramente il presidente dell’autorità portuale, ma lo era dal punto di vista politico anche il sindaco di Genova, Marco Bucci -prosegue il deputato del Pd-. Sono curioso di sapere se la parola d’ordine che i leader del centrodestra intendono continuare a utilizzare ancora sia quella della continuità dell’esperienza di governo di Toti. L’impatto del patteggiamento sulla campagna elettorale di Bucci dipende da quale valutazione politica esprimerà su questa vicenda, se prenderà le distanze, oppure se continuerà sul tema della continuità“. “In ogni caso Bucci deve spiegare perché alcune vicende sono accadute senza che lui se ne accorgesse o con la sua presenza passiva”, conclude Orlando.

Redazione

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