Istituire una Agenzia nazionale contro la disinformazione. La proposta, tradotta in un disegno di legge, è di Italia Viva che ne ha dato notizia in Senato, al termine del convegno “Infowar: guerra ibrida e minacce alla sicurezza internazionale” che per due ore ha riunito esperti di media e analisti di intelligence in sala Caduti di Nassirya. “E’ in atto un attacco delle autocrazie contro la democrazia, anche attraverso l’Infowar e la disinformazione. Dobbiamo aggiornare gli strumenti di tutela della libertà dei cittadini, che devono essere correttamente informati, senza l’intervento di centrali indirizzate al plagio e alla deformazione della realtà”, ha dichiarato Enrico Borghi, capogruppo di Azione-Italia Viva e membro del Copasir. “Per questo presentiamo una proposta di legge per la creazione di una specifica agenzia contro la disinformazione, sulla falsariga di quanto hanno fatto altri paesi, come la Svezia o la Francia”, ha chiosato Borghi. Sulla stessa falsariga l’onorevole Naike Gruppioni, di IV: “È indispensabile attrezzarsi contro il fenomeno delle fake news perché è dovere delle istituzioni tutelare il diritto di ciascuno a un’informazione libera e corretta”.

Con l’avvento dei social network l’informazione è cambiata drasticamente: un titolo, una foto, il frammento di un video orientano lettori (ed elettori) più di ogni ragionamento. E troppo spesso le notizie non devono più essere vere ma verosimili e virali. “Il cittadino non è messo in condizione di scegliere liberamente, di farsi un’opinione chiara: viene confuso ad arte. Da qui la vulnerabilità del sistema”, conclude Gruppioni. Al convegno, davanti a una platea che oltre agli addetti ai lavori ha visto partecipare trenta studenti dell’Università Internazionale di Roma, si sono alternati numerosi esperti. Il direttore del Riformista.it, Alessio De Giorgi, ha illustrato la casistica della rete diventata troppo spesso terra di nessuno. “Ma la tecnologia saprà trovare gli anticorpi per far prevalere il bene sul male”.

Per il professor Ciro Sbailò, preside di Scienze Politiche all’Unint, “Il grande gap da colmare è sul piano della decodifica: siamo chiamati ad assimilare in velocità informazioni complesse. E più il quadro si complica, più finiamo per ricorrere involontariamente alle semplificazioni populiste, agli abbagli di una informazione che si polarizza fino a radicalizzarsi”. Il concetto porta, nel ragionamento del professor Sbailò, autore del saggio Europe’s call to arms, ad una “Overdose informativa. Veniamo a conoscenza di tutto, di tutte le opinioni e di tutti i fatti, incluse quelle distorte della disinformazione, e non riusciamo più a discernere”. Sergio Germani, direttore dell’Istituto Gino Germani, analizza il tema a partire da un focus sul conflitto Ucraina-Russia.

“Sin dall’inizio siamo stati succubi della propaganda russa, su tutti i media. Con vere e proprie fabbriche di fake news che producono info distorte per gli italiani e con agenti di influenza che si muovono in televisione per orientare l’opinione pubblica. L’asse Russia-Iran-Qatar è dietro a molte delle operazioni di disinformatja di cui parliamo”. Mario Caligiuri, presidente della Società Italiana di Intelligence, ha citato Sun-Tzu: “Bisogna metterci in condizione di vincere la guerra senza combatterla. A questo serve una intelligence che funziona: anche a lavorare a quella verità che qualcuno mistifica o corrompe. Occorre però tornare a bilanciare Humint e tekné, tornare a valorizzare le fonti umane, in grado di capire e di decodificare segnali che l’Intelligenza Artificiale fatica a capire”. E oggi serve con urgenza, per combattere l’infowar, uno strumento istituzionale che renda operativo il principio dell’informazione corretta.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.