L’iniziativa di iniziare a vaccinare anche i più piccoli contro il Covid è partita dagli Stati Uniti. La Food and Drug Administration, agenzia del dipartimento della Sanità americana, ha dato l’autorizzazione d’emergenza all’uso del vaccino Pfizer per il Covid sui ragazzi dai 12 ai 15 anni e ha fissato per il mese prossimo un incontro per discutere l’eventuale autorizzazione sotto i 12 anni.
L’idea nasce dopo uno studio sulla fascia d’età tra i 12 e i 15 anni a cui hanno partecipato in totale 2.260 ragazzi in 10 centri. “Dal momento che il Covid è talmente diffuso tra gli adolescenti, con un decimo dei partecipanti rispetto allo studio sugli adulti abbiamo potuto provare l’efficacia del vaccino: si è dimostrato incredibilmente protettivo, gli effetti collaterali sono leggeri. Nella metà che ha ricevuto il placebo ci sono stati 18 casi; zero nel gruppo che ha ricevuto il vaccino”, ha spiegato in un’intervista al Corriere Robert Frenck, direttore del Gamble Vaccine Research Center del Cincinnati Children’s Hospital in Ohio che sta effettuando i test.
Certo il numero dei testati è nettamente inferiore rispetto agli adulti ma il medico è ottimista sui risultati, considerato che il Covid tra gli adolescenti si sta diffondendo rapidamente. Il medico spiega che nel test saranno usate via via dosi inferiori rispetto agli adulti, osservando gli effetti collaterali e, se tutto va bene, aumentando via via, potenzialmente fino al livello usato per gli adulti. “Con il vaccino influenzale – continua il medico – la dose che si somministra ad un neonato di sei mesi è uguale a quella di un 64enne mentre a 65 anni si aumenta perché il sistema immunitario non funziona altrettanto bene. Forse alla fine useremo le stesse dosi anche per il Covid, ma vogliamo fare un passo indietro e valutare. Anche per i giovani adulti potrebbero essere sufficienti dosi più ridotte, perché il loro sistema immunitario è più forte, ma quando sei in una pandemia cerchi di dare a tutti la stessa dose se è sicura. Fai gli aggiustamenti più avanti, cercando di ridurre la dose per evitare effetti collaterali. Ma al momento, da un punto di vista logistico, è d’aiuto avere la stessa dose per tutte le età, per non doverle tenere separate e prevenire errori di somministrazione”.
Per il momento gli effetti collaterali registrati tra i ragazzi sono gli stessi degli adulti. “Per i 7 giorni successivi i ragazzi registravano in un diario se avevano mal di testa, dolori muscolari, febbre… Praticamente identici a quelli riscontrati tra i ventenni”, continua Frenck.
Quella di vaccinare anche i più piccoli potrebbe essere una svolta nella lotta al covid. “Quando la pandemia è iniziata si diceva che i bambini non venissero infettati, ma non ci ho mai creduto. È che non venivano testati. Oggi i bambini e gli adolescenti hanno tra le più alte percentuali di infezioni. Anche se il tasso di gravità è assai più basso, non è pari a zero: circa 300 bambini sono morti di Covid negli Stati Uniti. Ci sono due ragioni per vaccinarli: una diretta, cioé proteggerli; 300 morti su 500mila sono niente, tranne se sei uno dei genitori di quei 300 e, allora, è tutto. La seconda ragione è l’effetto indiretto: negli Stati Uniti ci sono persone che stanno politicizzando il Covid. Se vaccini i bambini forse puoi fermare la diffusione tra gli adulti non vaccinati”.
Anche l’Italia sta valutando l’ipotesi di vaccinare anche i più piccoli ma per farlo attende il via libera dell’Ema che dovrebbe arrivare a giugno. Così si immagina una campagna estiva che possa mettere in sicurezza il rientro a scuola a settembre. La Germania ha lo stesso obiettivo, come ha detto ieri il ministro della Salute Jens Spahn: “I giovani dovrebbero avere la possibilità di ricevere almeno una dose del vaccino, idealmente entrambe, prima dell’inizio della scuola”.
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