L'inchiesta flop
Vincenzo Luberto assolto, il braccio destro di Gratteri era accusato dal Gratteri stesso…
Nel gergo giornalistico la si può definire un flop. L’inchiesta, tanto strombazzata da una certa stampa e nata da una segnalazione che il magistrato Nicola Gratteri aveva inoltrato alla Procura di Salerno affinché verificasse la posizione del procuratore aggiunto suo braccio destro, si è risolta in una sentenza di assoluzione. «Perché il fatto non sussiste» recita la formula scelta dal giudice Carla Di Filippo del Tribunale di Salerno che ha firmato la sentenza di assoluzione nei confronti del magistrato Vincenzo Luberto, ex procuratore aggiunto alla Dda di Catanzaro e ora giudice civile a Potenza, trasferito proprio per effetto delle accuse che ieri si sono dissolte in una bolla di sapone e che lo avevano fatto finire al centro di un’inchiesta e di un processo per reati di corruzione in atti giudiziari, favoreggiamento, omissione di atti e rivelazione di segreto d’ufficio. L’assoluzione è stata decisa anche nei confronti di Ferdinando Aiello, ex deputato del Pd.
Entrambi gli imputati, Luberto e Aiello, avevano optato per il rito abbreviato. Il che vuol dire che il giudizio si è svolto sulla base dei soli atti del pubblico ministero e che il giudice ha deciso l’assoluzione dopo aver semplicemente letto le carte del pm. «Abbiamo scelto il rito abbreviato perché eravamo certi che nei 15 faldoni di atti versati nel processo dalla Procura di Salerno vi fosse la prova certa della totale insussistenza delle accuse – ha spiegato l’avvocato Mario Papa, del foro di Nola, difensore di Luberto – . E così è stato. La formula assolutoria piena ci ripaga di un’attività difensiva intensissima e, soprattutto, di una faticosa ma convinta sobrietà processuale. Luberto, da procuratore aggiunto della Dda di Catanzaro è stato ed è un fedele servitore dello Stato: di questo deve essere contento innanzitutto chi ha dubitato di lui». Ma come è nata la gogna su Liberto? Tutto era partito da una serie di intercettazioni, con il Trojan tanto usato (e talvolta abusato) da investigatori e pm.
Sotto osservazione e ascolto c’erano le conversazioni dell’ex deputato Aiello. La spia fu fatta entrare nel suo telefono cellulare. Nel fiume di parole intercettate spuntò a un certo punto il nome di Luberto. Erano riferimenti indiretti, nulla di rivelante. Poi ci fu una conversazione tra i due, cioè Aiello e Luberto. E tanto bastò per innescare un sospetto. La circostanza di una caparra per un viaggio fatto dalle rispettive diede poi il via per costruire un vero e proprio capo di imputazione. Si ritenne che, in un’indagine coordinata da Luberto in qualità di procuratore aggiunto a Catanzaro, il magistrato avesse omesso di iscrivere nel registro degli indagati il politico amico Aiello. E perché avrebbe dovuto iscriverlo? Non si è mai capito. Eppure i pm hanno coltivato l’accusa nei confronti di Luberto fino a chiederne la condanna a tre anni di reclusione. Il dettaglio, invece, deve aver fatto la differenza per il giudice che, dopo aver aver valutato gli atti e le ricostruzioni accusatorie nel loro insieme, ha pronunciato ieri la sentenza di assoluzione nei confronti non solo di Luberto, ma anche di Aiello, difeso dall’avvocato Enzo Belvedere del foto di Cosenza.
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