Nega che la sua sia una inchiesta ad orologeria, ma allo stesso tempo svela che su Lorenzo Cesa “fino all’altra sera gli ho sentito dire in tv che lui e l’Udc non sarebbero entrati nella maggioranza, quindi questo problema non si è posto. Se ora qualcuno vuole sostenere il contrario lo faccia, ma io l’ho sentito con le mie orecchie”.

Il procuratore antimafia di Catanzaro Nicola Gratteri prosegue il suo show mediatico dalle colonne di Corriere della Sera e Repubblica, i due quotidiani che stamane danno ampio risolto all’inchiesta ‘Basso profilo’ che ieri, dopo il maxi spiegamento di quasi 300 poliziotti, ha portato all’arresto di 48 persone (13 in carcere, 35 ai domiciliari) per presunte collusioni con la ‘ndrangheta.

Il nome noto, notissimo, è quello dell’ormai ex segretario dell’Udc Lorenzo Cesa, perquisito e indagato per associazione a delinquere con aggravante mafiosa: Cesa da giorni è in ballo, come il suo partito, come possibile “quarta gamba” del governo Conte per rimpiazzare l’uscita dei renziani di Italia Viva.

Nell’intervista a Repubblica, in alcuni passaggi, c’è da rimanere di sasso. “I processi si fanno nelle aule di giustizia. A me le chiacchiere non interessano”, dice il procuratore Gratteri proprio su uno dei più importanti quotidiani italiani, mentre sul diretto concorrente, il Corsera, esce una seconda intervista (non dimenticando la sua costante presenza in tv).

Sul Corriere destano stupore quindi le parole sulla tempistica dell’ultima indagine che riguarda anche Cesa, corteggiatissimo dalla maggioranza per fare da ‘stampella’ dell’esecutivo in Senato. Il Gratteri-pensiero, come da intervista a Giovanni Bianconi, è inquietante: il procuratore antimafia di Catanzaro indaga Cesa perché non è entrato in maggioranza?

Ma sulle tempistiche dell’inchiesta altro scenario inquietante arriva ancora dalle parole di Gratteri, che sempre al Corriere dice di aver saputo che “dovevano arrestare l’assessore Talarico, insieme agli altri, quando è arrivata l’ordinanza del gip, all’inizio di gennaio, a un anno di distanza dalla nostra richiesta e a sei mesi dall’ultima integrazione”.

Infine un passaggio sui flop registrati fino ad oggi dalle inchieste portate avanti dal magistrato idolo di Travaglio e Movimento 5 Stelle. Come noto, l’ampiamenta pubblicizzata ‘Rinascita Scott’, partita con una richiesta di 334 ordini di cattura, è stata poi decimata dal gip, dal Riesame e dalla Cassazione, quindi “rabboccata” col blitz dal nome “Imponimento” che portò a casa altri 158 indagati, di cui 75 subito in manette.

Per Gratteri non ci sono problemi se le sue inchieste vengono ridimensionate dopo gli arresti show: “Noi facciamo richieste – si giustifica dalla colonne del Corriere – sono i giudici delle indagini preliminari, sempre diversi, che ordinano gli arresti. Così è avvenuto anche in questo caso. Poi se altri giudici scarcerano nelle fasi successive non ci posso fare niente, ma credo che la storia spiegherà anche queste situazioni”.

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Napoletano, classe 1987, laureato in Lettere: vive di politica e basket.