Comunque debba andare, è tutta una questione di tempo. Che però è poco. Servirebbe tempo a Conte per costruire la quarta gamba della maggioranza, quella liberal, popolare ed europeista che possa andare a sostituire Italia viva e dare stabilità numerica e politica al suo nuovo governo, il Conte 2 bis. Basta, però, poco tempo alle opposizioni e a Italia viva per finire di logorare e commissariare il governo Conte 2. Opposizioni e Iv hanno obiettivi diversi. Le prime, almeno Fratelli d’Italia e Lega, chiedono il voto anticipato e vivono come un incubo la promessa, fatta dal premier benché non sia tra i suoi poteri, di una legge elettorale di tipo proporzionale. «Noi – spiegava ieri in una pausa dell’aula l’ex sottosegretario di Iv Ivan Scalfarottovogliamo solo dare al Paese un governo migliore di quello che c’è per vaccinare il paese, tenere a bada la pandemia e avviare la ripartenza grazie al Recovery plan». È un governo “migliore”, ad esempio, quello che, come spiegava ieri la deputata Maria Chiara Gadda (Iv), dopo le denunce di Italia viva «ha finalmente nominato la lista dei commissari per le 56 grandi opere pubbliche che dovevano ripartire a fine estate e sono ancora ferme».

Serve tempo per trovare una nuova maggioranza, inserirla nella macchina del governo e farla ripartire. Ma questo tempo l’Italia non ce l’ha. Conte ancora meno. E i nuovi, eventuali, gruppi sono ancora in stand by per capire come evolve la situazione.

Ieri è stata una giornata quasi calma dopo le 48 ore al cardiopalma per i due voti di fiducia che hanno indebolito il governo lasciandolo senza maggioranza assoluta al Senato (156 voti di cui senatori a vita e ministri e sottosegretari). Una quiete che nasconde grandi manovre e una fase molto liquida per deputati e senatori in cerca di una casa da cui guardare il futuro politico. Cioè, una lista dove essere ricandidati.

Conte è salito al Colle per un colloquio “informale” con il Presidente della Repubblica. Tre quarti d’ora a tu per tu con il Capo dello Stato per un confronto sulla situazione politica. Prima di salire al Colle il premier aveva riunito per due ore i capidelegazione della maggioranza, Franceschini, Bonafede, Speranza. Una riunione da cui è trapelato assai poco. Tranne un punto: «Prima occorre dare identità politica a questa nuova maggioranza, quindi dare vita alla cosiddetta quarta gamba. Solo dopo penseremo al rimpasto». Come farlo e con chi e solo dopo la contropartita ministeriale: sarebbe questa la linea indicata soprattutto dal Pd. «Dobbiamo dare in fretta identità politica alla maggioranza di ieri» ha detto il segretario dem Zingaretti. Non c’è dubbio che quella indicata sia la strada più seria e di sostanza ma anche quella che richiede più tempo. Mentre la cronaca insegna che in genere le due cose vanno insieme, si chiama trattativa: prima si offre la contropartita e poi si chiude l’accordo. Nella riunione di maggioranza è stato spiegato che un Conte ter, e cioè un nuovo governo che passa dalle dimissioni del premier, sarebbe il modo migliore e più veloce per «allargare ai centristi, liberali e popolari europeisti» a cui si è rivolto Conte durante la fiducia. Le dimissioni e il nuovo incarico per costruire meglio e più in fretta la nuova squadra allargata. Cioè per ringraziare e salutare quei ministri che non sarebbero più idonei alla Fase del Conte 3. Ma il premier ha ripetuto tassativamente il suo No. Si sono infilati le dita negli occhi con Renzi per settimane su questo punto. Sarebbe il colmo cambiasse idea adesso.

Fare presto e bene è il monito arrivato durante il colloquio al Quirinale che però ha rinunciato anche a fare un comunicato. Segno che la situazione è molto delicata. Il punto è come fare presto e bene. La Camera è il problema minore anche se 6 voti (321) oltre la maggioranza assoluta non garantiscono una navigazione tranquilla. Però c’è un signore che si chiama Bruno Tabacci titolare di un simbolo (Centro democratico) che con l’arrivo di Renata Polverini conta già dodici iscritti. Il traguardo (20 iscritti) non è impossibile visto che il gruppo Misto a Montecitorio conta 49 deputati, molti ex 5 Stelle. Diverso è il quadro al Senato dove manca un senatore Tabacci. O meglio, quelli che ci sono – Quagliariello, Romani e i tre dell’Udc – non hanno intenzione al momento di staccarsi da dove sono. Non avrebbero, questo dicono, alcuna voglia di dare la fiducia ad un governo Conte. Ma in fasi come questa nulla è quello che viene detto. Berlusconi li avrebbe blindati con offerte non rifiutabili che riguardano le amministrative. Si parla, ad esempio, di «qualche importante candidatura a sindaco da parte del centrodestra». Molto meglio di un sottosegretario in un governo Conte?

Al posto di Tabacci a palazzo Madama c’è il senatore Mario Fantetti, quello che ha dato vita a Maie-Italia 23. Con tutto il rispetto, non sono esattamente la stessa cosa. Al momento hanno quattro senatori e i pontieri sono al lavoro per arrivare a dieci e fare il gruppo. Se invece dovesse cedere il nucleo dell’Udc, che ha il simbolo, sarebbero in arrivo 5 senatori di Forza Italia (Rossi e Causin avrebbero fatto da apripista) e due di Italia viva.

Palazzo Chigi s’è dato «72 ore di tempo. Altrimenti elezioni» che è sempre l’arma migliore per costringere i parlamentari che non vogliono tornare a casa. Conte ha un obiettivo primario, che va di pari passo con la nascita dei gruppi: fare di Renzi un generale senza truppe. Il premier in persona sta curando questa partita – svuotare Italia viva – con colloqui privati e incontri anche a palazzo Chigi. Lì sarebbe stata avvistata la notte scorsa, quella della fiducia al Senato, la senatrice Rossi.

72 ore di tempo per fare i gruppi perché senza i gruppi nuovi le Commissioni, con dentro Italia viva, rischiano di bloccarsi in ogni momento. Così come la maggioranza rischia di non avere i numeri il 27 gennaio quando il ministro Bonafede farà in Parlamento la relazione annuale sulla giustizia. Italia viva voterà no. E sarà un problema per il governo.

I gruppi parlamentari del Pd osservano preoccupati la situazione. Sono divisi tra chi l’ha giurata a Renzi e lo considerano ormai «un’opzione non più disponibile». E chi invece spera che qualcosa cambi nelle prossime ore. In fondo Italia viva, come ha ben spiegato la deputata Lisa Noja nella dichiarazione di voto sul decreto Covid, sta votando tutti i provvedimenti utili al Paese senza rinunciare a criticare per migliorare. La Relazione sulla giustizia non lo è.

Ieri sera sono circolati i primi sondaggi post- voto di fiducia. Secondo Renato Mannheimer la lista Conte potrebbe «sfiorare il 20%» pescando soprattutto tra gli indecisi. Andrebbe a rubare consenso tra i 5 Stelle, soprattutto, ma anche nel Pd e nel sempreverde centro. Il sistema di voto proporzionale «lo farebbe diventare arbitro della partita politica e parlamentare». Ecco, anche questo tipo di notizie rischia di levare tempo a Conte e alla quarta gamba che deve spuntare in fretta soprattutto al Senato.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.