Bonafede a Lamezia Terme per il maxiprocesso di Gratteri
Lo Stato è efficace in Calabria solo quando mette le manette…
Uno Stato rapido, efficiente, dal sapore nordico, nipponico, che irrompe in un mondo dal ritmo lento, dal cuore rassegnato. Il ministro Bonafede che fa un passaggio lampo per celebrare il proprio trionfo: nella Piana di Lamezia Terme è sorta l’aula bunker dentro cui si celebrerà il processo elefantiaco Rinascita Scott. I muscoli del Governo sono scattati, hanno risposto alle esigenze della lotta alla mafia. Bonafede ha parlato di un messaggio chiaro, univoco: per la ‘ndrangheta non ci sarà tregua, sarà processata nella sua sede naturale. Come se fosse un’intimazione di sfratto, una cacciata dal contesto sociale che ha annichilito.
I locali, riadattati in tempi strettissimi, dell’aula bunker sono quelli della Fondazione Terina, ente in house della Regione Calabria, prima ospitavano 700 lavoratori del call center di proprietà della Abramo Customer Care. I lavoratori erano già stati ridotti a 150 per la crisi in cui l’azienda versa da tempo, azienda che impiega in totale 3.000 calabresi in tutta la Regione. Gente che rischia di perdere il lavoro se non si troverà un modo per uscire dalla crisi. Per gli impiegati di Lamezia è urgente trovare una collocazione logistica, posto che la Fondazione Terina non ha rinnovato il contratto di locazione, proprio perché i locali lametini sono stati destinati a un altro utilizzo: di sede processuale, appunto. E sì, i calabresi sono rimasti spiazzati. Uno Stato sprinter per rispondere alle esigenze di un processo, che di sicuro è una cosa buona. E uno stato lumaca, anzi gambero quando gli interventi supersonici sarebbero utili per la questione occupazionale.
E il ministro Bonafede è sceso per festeggiare un trionfo dello Stato, lo ha fatto con troppa velocità, e forse non la ha vista l’atmosfera di depressione. Atmosfera che sarebbe stata diversa se fosse sceso per tempo pure il ministro del Lavoro, per provare a dare soluzione a 3.000 lavoratori. A Caulonia, che sta giusto sull’affaccio del mare opposto a quello di Lamezia, nel 2015 la piena dell’Allaro si portò via il ponte della statale 106, unica strada di comunicazione di un certo, se pur minimo, rilievo. Il ponte nuovo ancora non c’è, forse ci sarà a Natale, anche se è il quinto da promessa non mantenuta. E non c’è ancora tutta la nuova 106 promessa, non c’è ancora il tratto di 52 chilometri per completare l’autostrada del Mediterraneo, fra lo Jonio e il Tirreno c’è la galleria della Limina in cui prima di entrare ci si fa il segno della croce. La sanità è la poca cosa che era prima della pandemia.
Il binario della jonica è il serpente solitario e senza elettricità del tempo in cui i treni andavano a diesel, e così ancora marciano con quella nostalgica puzza di gasolio e umanità transumante che è infissa nelle traversine di legno di castagno. Lo Stato c’è ha detto Bonafede, ma con lui si è visto perché c’era la chiamata di una Procura. E lo Stato davvero c’è, e c’è sempre stato quando si è trattato di mostrare i muscoli. Ma in Calabria lo Stato che si vede è il consueto, quello che va dal ministero della Giustizia al ministero dell’Interno.
Che i calabresi manco lo sanno che in un Governo ci stanno gli addetti al lavoro, all’economia, alla sanità, all’istruzione, trasporti, infrastrutture, turismo, spettacolo. In Calabria tutto è lento, gli scatti ci stanno solo se le chiamate arrivano dai Tribunali e dalle Caserme, che magari il diritto di voto, per i calabresi, lo si potrebbe limitare con riguardo a quei due dicasteri, ai quali gli si potrebbero pure attribuire tutti gli altri compiti che i Governi di solito hanno, perché in un lampo si rispondesse a esigenze che stanno fuori e intorno alle aule bunker.
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