Le Ragioni di Israele
Violazioni Illegittime, sanzioni USA a 4 giudici della Corte Penale Internazionale

Gli Stati Uniti hanno disposto sanzioni nei confronti di quattro giudici della Corte Penale Internazionale, accusati di illegittime violazioni della sovranità degli Usa e di Israele. In particolare, rispettivamente, per indagini contro personale statunitense in Afghanistan e per gli ordini di arresto a carico di Benjamin Netanyahu e dell’ex ministro della Difesa di Israele, Yoav Gallant.
È discutibile, secondo il giudizio politico di ciascuno, il fatto che gli Stati Uniti abbiano o no ragione, nel merito, quando avversano i provvedimenti della CPI ed emettono queste misure di sanzione. È indiscutibile, per contro, il fatto che gli Usa abbiano il pieno diritto di farlo. La Corte Penale Internazionale nasce con un trattato condiviso dagli Stati che vogliono condividerlo; non vincola in nessun modo gli altri, che sono liberi di contestare, disconoscere, denunciare non solo i provvedimenti della Corte, ma persino il cumulo di princìpi su cui pretende di basarsi la legittimità di quest’organo giurisdizionale.
La Corte Penale Internazionale non è “la giustizia internazionale”. È un collegio giudicante, con relativo apparato inquirente e di accusa, impiantato all’Aia dagli Stati aderenti. Ma non esiste nessun obbligo, da parte di nessuno, di omaggiarne le decisioni. Tanto meno esiste il dovere di “supportarne il fondamentale lavoro”, come ha irresponsabilmente dichiarato – non si capisce in base a quale titolo, né a nome di chi – l’Alto rappresentante per gli Affari esteri dell’Unione europea, Kaja Kallas.
Si faccia attenzione. È perfettamente legittimo (ma non da parte di un ministro della Ue, che non ne ha nessun titolo) ritenere “fondamentale” il lavoro della Corte. Ma è altrettanto legittimo ritenere che essa abbia invece, verosimilmente senza averne giurisdizione, incardinato un procedimento sgangherato sulla scorta di accuse fondate su allegazioni false, messe insieme da un procuratore che aveva fretta di montare il caso per spegnere i rumori dello scandalo – per presunti abusi sessuali e pressioni sulla teste – di cui era protagonista.
Israele può non aver ragione nel denunciare la curvatura politica di quel procedimento, e può sbagliare quando individua nel pregiudizio antisemita il segno distintivo degli ordini che vogliono in manette il primo ministro e un suo ex collaboratore. Ma ha tutto il diritto di farlo, così come gli Stati Uniti hanno tutto il diritto di contestare e sanzionare i provvedimenti di un organo giurisdizionale che interferisce in quel modo nella propria sovranità e in quella dei propri alleati. La Corte Penale Internazionale ha dichiarato guerra a Israele. Può avere l’ambizione di vincerla, ma la coscrizione non è tra i suoi poteri.
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