Così hanno perso credibilità
Da paladini della verità a pappagalli di Hamas, la storia di Pallywood e degli amplificatori seriali delle menzogne su Gaza

Negli ultimi anni, in particolare dall’avvento di Trump in politica, abbiamo assistito a un’apparentemente giusta campagna mediatica e politica implacabile contro la diffusione delle fake news. I principali attori, in gran parte appartenenti agli ambienti progressisti e ai media, hanno condotto campagne di sensibilizzazione, implementato rigorosi protocolli di fact-checking e promosso regolamentazioni volte a contrastare la disinformazione. La motivazione alla base di queste iniziative era nobile: denunciare l’impatto devastante che le falsità propagate online possono avere sulla democrazia, sul dibattito pubblico e sulla coesione sociale.
Da paladini della verità ad amplificatori di Hamas
Tuttavia, il recente conflitto a Gaza ha ribaltato completamente lo schema: i sedicenti “paladini della verità” si sono improvvisamente trasformati in amplificatori seriali della propaganda di Hamas. Così facendo, hanno distrutto tutta la credibilità della loro battaglia per un’informazione corretta e trasparente. In un’epoca di crescente polarizzazione, le fake news di destra e di sinistra non si annullano reciprocamente, ma contribuiscono insieme a indebolire la democrazia.
La storia di Pallywood
La storia è costellata di informazioni palestinesi che si sono rivelate false, basta farsi un giro sul web alla voce “Pallywood”, la Hollywood palestinese. Troverete morti che si alzano dopo le riprese, bambini truccati con sangue finto, e tutta una produzione di fake preparati ad arte per le accomodanti redazioni occidentali. Poi ci sono i numeri, sparati sempre alti per conquistare le copertine di giornali e telegiornali. Qualche esempio: nel 2002 tutti i media riportarono del “massacro di Jenin”, dove i palestinesi denunciarono più di 500 morti. Indagini terze – Onu compresa – riveleranno che i morti furono quelli di una normale battaglia: 52 palestinesi e 23 israeliani. Stesso discorso il 17 ottobre 2023 con la “strage dell’ospedale Al-Ahli di Gaza, dove furono annunciati 471 morti e 342 feriti causati da un bombardamento israeliano. Le immagini dimostrarono che il razzo proveniva dalla Jihad islamica di Gaza, aveva colpito il parcheggio dell’ospedale, e i morti erano meno di 100. Naturalmente, a fronte delle prime pagine dei giornali del mondo che trasudavano indignazione, le smentite furono invisibili, e nel pubblico questi “massacri” sono rimasti realtà inconfutabili.
Riprodurre la propaganda di Hamas incide sulla sicurezza e la convivenza civile, oltre che causare odio e antisemitismo. I governanti palestinesi hanno sempre impiegato la propaganda come uno strumento strategico, e media e politici progressisti si sono mostrati troppo spesso utili idioti della causa islamista. La capacità dei terroristi di Hamas di manipolare l’opinione pubblica internazionale è ben documentata. Pensiamo solo ai messaggi di ringraziamento dell’ayatollah Khamenei e perfino di Al-Qaeda, inviati agli studenti pro-Pal americani nel maggio 2024.
Nessuna condanna per Hamas e antisemitismo
E in Italia? È inquietante il fatto che nella piattaforma della manifestazione del 7 giugno organizzata da Pd-M5S-Avs non siano riusciti a inserire né la condanna di Hamas né quella dell’antisemitismo. Soprattutto considerando che l’antisemitismo è un valore fondante non solo per il nazismo, ma anche per Hamas, Al-Qaeda, Hezbollah e Khamenei. È pazzesco che gli stessi che incalzano Meloni sull’antifascismo non riescono a condannare l’antisemitismo. Resta sempre valido, ieri come oggi, quanto diceva Mark Twain in una battuta: “Se non leggi i giornali sei disinformato, se invece li leggi sei informato male”.
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