Il commento del Presidente dell’Unione Buddhista Europea
Voto in condotta, carcere per chi protesta: “così l’Italia si trasforma in una caserma”
C’è la convinzione che la logica di “legge e ordine” possa garantire il funzionamento della società. È un autoritarismo da operetta, da Stato controllore. Serve una politica concreta contro questa deriva
A volte ritornano. Ecco alcuni segnali: il voto in condotta riappare nelle scuole per legge. Bocciato chi sgarra, rimandato chi non si adegua alla disciplina. In Parlamento si ricomincia a parlare di reintegro della leva obbligatoria e di carcere per chi manifesta dissenso. Come se le prigioni non soffrissero già di un endemico sovraffollamento e di condizioni di detenzione disumane. È l’idea del paese caserma, dove basta un appello muscolare a legge e ordine per garantire il funzionamento della società. Un oscurantismo di ritorno che esprime un’idea di società piccola, chiusa, soffocante.
Voto in condotta, la nostalgia autarchica
L’idea di un’Italia dei particolarismi identitari e della nostalgia autarchica che confonde cittadinanza con autoritarismo. L’idea di un paese ripiegato su sé stesso, che non ha risposte per la complessità della modernità ma fa da controcanto con un ringhio all’altro normativismo identitario e altrettanto oscurantista e intollerante della “cultura” woke. Una polarizzazione sorda che impedisce ogni analisi che vada oltre lo sgangherato e improbabile allarme per una recrudescenza fascista o lo spensierato e danzante multiculturalismo retorico e arcobaleno. La faccenda in realtà è seria e coinvolge l’idea di società che vogliamo e la possibilità di pensare a una politica che non sia malata sempre e solo di infantilismo propagandistico.
Gli istanti repressivi e manettari
Una politica capace di entrare nel merito e non abbandonata ai guizzi di un leaderismo che predica nel deserto. Ha detto bene il direttore Velardi: il discorso americano di Giorgia Meloni è stato un discorso non banale che ha delineato in modo diretto ed efficace la sua idea di mondo e il ruolo che l’Italia dovrebbe giocare. Patriottismo, occidentalismo, democrazia e laicità: questi i suoi valori, espressi con chiarezza. Non la preferiamo ma è meglio del niente, di quel niente desertico che lascia però emergere gli istinti repressivi e manettari che abbiamo visto tornare nel dibattito politico recente. E allora, delle due l’una: o si crede a ciò che si dice e vince la democrazia e la laicità, con la conseguente idea di società aperta e giusta che implicano, o rimane l’autoritarismo da operetta che immagina la società come un bel giardinetto di una villa di Lugano.
Su questo servirebbe quantomeno chiarezza. Perché, se il disegno è quello di dar vita a un conservatorismo moderno e maturo, peraltro anche auspicabile in una sana dialettica di principi e visioni, le premesse – al di là delle boutade da kermesse internazionali – non lasciano spazio a grande ottimismo. Sul tavolo rimane più che altro un retrogusto da Stato controllore e una prospettiva di ingegneria sociale per cui la formazione del cittadino passa attraverso la “scuola di vita” legata alla divisa, alle punizioni, alla narrazione di pochi spiriti arditi che difendono i sacri confini della patria. A questa idea di Italia, che non vogliamo, non basta rispondere con indignazione o patenti di post-fascismo fuori tempo massimo. Serve concretezza, serve più politica, quella vera.
Stefano Bettera – Presidente dell’Unione Buddhista Europea
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