La situazione umanitaria a Gaza non è difficile: è tremenda. Ma da otto mesi le principali organizzazioni internazionali, incuranti dei tunnel al di sotto dei propri uffici dislocati laggiù, diffondono allarmi a proposito delle “carestie” che via via, e con imminenza, avrebbero minacciato la vita della popolazione palestinese. Carestie, plurale: perché ne era alle viste una nel novembre dell’anno scorso, un’altra in dicembre, poi in gennaio, febbraio, marzo, aprile, maggio, e fino ad ora. E tutte dovute alla deliberata politica genocidiaria messa in capo da Israele non solo bombardando indiscriminatamente la popolazione civile ma, appunto, programmandone lo sterminio per fame.

C’è una griglia di criteri allestita a livello internazionale per stabilire quando quella figura – “carestia” – può essere evocata. Deve trattarsi di un ambito geografico definito, nel quale una certa percentuale di famiglie (20%) è assediata da una mancanza estrema di cibo, con almeno il 30% di bambini in sofferenza per malnutrizione acuta e con il decesso quotidiano di almeno due persone ogni 10.000. A Gaza vorrebbe dire la morte per fame, ogni giorno, di 400 persone. Ebbene, i reiterati allarmi di imminenti ondate di carestia a Gaza, combinati con quelli paralleli secondo cui Israele non avrebbe mai posto rimedio alla situazione, e anzi l’avrebbe aggravata sino a oggi, ostacolando il flusso degli aiuti in attuazione del suo piano di sterminio, avrebbero dovuto trovare riscontro in qualcosa come centomila morti per fame.

Il Sud Africa, nel proprio originario ricorso alla Corte Internazionale di Giustizia (eravamo nel dicembre del 2023), argomentava che “l’intera popolazione di Gaza è a rischio imminente di carestia”. Nel suo terzo ricorso (maggio 2024) il Sud Africa scriveva che “L’assalto militare e le operazioni di Israele stanno uccidendo la popolazione palestinese di Gaza, mentre Israele la sta contemporaneamente affamando”. Bisogna concluderne che la popolazione sottoposta a carestia è sopravvissuta per sei mesi a un piano di sterminio per fame abbastanza infruttuoso.
È molto spiacevole dover indugiare su questi fatti, su questi numeri, insomma su questa realtà opposta alle mareggiate di propaganda goebbelsiana circa gli esperimenti di sterminio per fame di cui si renderebbe responsabile Israele. È spiacevole perché sarebbe possibile, e legittimo, contestare le iniziative discutibili o persino illecite di chi lo governa, e del suo esercito, senza inventarne di inesistenti come le carestie a grappolo. Invenzioni che non servono alla tutela della popolazione palestinese, ma a rimpolpare gli editti dei macellai ben contenti di offrirla al martirio.