Era il 16 agosto 2018 e i grillini, dopo mesi di trattative, erano appena saliti a Palazzo Chigi con la Lega per il governo del cambiamento. Giuseppe Conte non era ancora il leader fortissimo dei progressisti ma solo l’avvocato del popolo guidato dai due vicepremier Di Maio e Salvini.

I Cinquestelle uscivano da una campagna elettorale emblema di dieci anni di populismo, antipolitica, vaffaday, metup, uno vale uno, e anti casta. Con l’obiettivo di spazzare via tutti i partiti, erano diventati il primo partito del Paese, con la promessa di aprire il palazzo come una scatoletta di tonno. E così quel giorno decisero che il tonno doveva essere l’aereo di stato che due anni prima il governo italiano aveva preso in leasing per i viaggi lunghi. Rocco Casalino traslocò dalla casa del Grande Fratello a Palazzo Chigi.

Luigi Di Maio e Danilo Toninelli convocano una conferenza stampa a Fiumicino, e salgono con le telecamere sull’Airbus a350 per la loro sceneggiata. “Lo avevamo promesso, lo abbiamo fatto. Abbiamo messo a terra l’ego volante di Renzi – disse Toninelli col suo sguardo acuto –. È con grandissimo orgoglio che oggi vi do una bellissima notizia: su nostra richiesta i commissari straordinari di Alitalia hanno inviato ufficialmente la comunicazione di scioglimento del contratto di leasing stipulato con Etihad per l’Air Force Renzi”.

Non fecero un’analisi costi benefici (come dissero per il contratto Tap), non interpellarono l’avvocatura dello Stato (come per il contratto Ilva), pensarono che si potesse sciogliere con una diretta Facebook a bordo dell’aereo atterrato. “Con la risoluzione del contratto di leasing risparmieremo 150 milioni – disse Di Maio –. Ci saranno i soliti che diranno che si tratta di briciole. Come sono briciole i 200 milioni di euro a legislatura che risparmieremo con i vitalizi. Diranno che sono briciole anche gli sprechi per le auto blu e le scorte, briciole quello che risparmieremo con l’abolizione delle pensioni d’oro, briciole il taglio dei nostri stipendi”. Era calda nel cuore degli italiani l’immagine di Roberto Fico che va al Quirinale in tram. Prima e ultima volta, prima di salire sull’auto blu! “Ci siamo messi al lavoro – insisteva Di Maio – e abbiamo trovato il modo per farvi risparmiare un po’ di soldi. Non è solo questione di soldi, qui c’è tutta l’arroganza del potere. Alitalia ci ha risposto poco fa, dicendo che avviano la procedura per recedere da questo contratto, stracciarlo e chiudere un buio capitolo relativo ai privilegi della politica”.

A distanza di cinque anni quell’aereo è ancora a Fiumicino, abbandonato, nella disponibilità di Alitalia. Quella di Di Maio e Toninelli solo l’ennesima buffonata. Il contratto infatti non si poteva sciogliere con una diretta sull’aereo, e Etihad ha fatto causa ad Alitalia contro l’interruzione unilaterale senza preavviso. Quindi l’Italia continua a pagare la compagnia, insieme alle spese per tenere l’aereo “a parcheggio”. Mentre sarebbe utilissimo. Tanto per dirne una, in occasione di una visita di Stato di Draghi in Algeria nel luglio 2022, non avendo un aereo abbastanza grande da poter imbarcare tutti, i ministri in missione andarono con due aerei diversi raddoppiando la spesa.

L’Airbus A350 infatti fu voluto dal governo Renzi proprio per i viaggi lunghi senza scalo, in particolare per le missioni commerciali delle imprese italiane. Per le quali fu effettivamente utilizzato. Gli altri due aerei di stato in possesso infatti erano insufficienti: l’A340 ha una autonomia di 16.600 chilometri, mentre l’Airbus A319CJ ha una autonomia di circa 8.600 chilometri. Anche il prezzo concordato non era di fantasia: l’A350 nuovo costava 216 milioni di dollari, nel 2011 era arrivato a 262 milioni di dollari. l’Italia lo prese a 150 milioni per 8 anni.

Di Maio raccontò che era prevista persino una Jacuzzi per Renzi tra le spese milionarie per rifare la tappezzeria vip. Ma dopo averne scritte di tutti i colori, quando i giornalisti salirono a bordo per un viaggio organizzato dall’allora premier Gentiloni, al ritorno raccontarono che era equipaggiato come un normalissimo aereo di linea, anzi la tappezzeria era rimasta quella originaria di Etihad Airlines: strisce orizzontali di mille colori che arredano la classe turistica come l’area business destinata ai funzionari e ai diplomatici.

Nonostante ancora oggi ogni volta che citano “l’air Force Renzi” mettono la foto dell’ex premier su un aereo, Renzi su quello non ci volò mai. Fu usato 88 volte per le missioni imprenditoriali del Governo, dal presidente Paolo Gentiloni, e in due occasioni dal capo dello Stato Sergio Mattarella prima per una missione istituzionale in Argentina e Uruguay, e poi in Canada. Del resto anche Conte e i suoi ministri usarono l’aereo di stato. Di Maio in soli sei mesi ha fatto 31 voli, persino per andare da Roma a Torino ha preso l’aereo di Stato. Come una volta Bonafede per un Napoli-Roma costato diecimila euro. Come tutte le giravolte dei grillini, sono costate molti soldi ai contribuenti. Lo spreco non è di chi ha comprato l’aereo, ma chi lo tiene fermo.

Anche l’Aereonautica con un documento ha spiegato che quell’aereo avrebbe potuto essere utilizzato per portare i militari impegnati in missione all’estero in teatro operativo oppure che si sarebbe potuto proporre anche all’Eatc (agenzia europea per i voli militari) di fare la stessa cosa a pagamento per i militari delle altre nazioni così da consentire di usare altri velivoli della Forza armata per altri scopi. In pandemia avremmo potuto usarlo per i dispositivi medici, invece di farli portare da aerei russi o cinesi con a bordo chissà chi. Invece ora lo Stato italiano continua a pagare fino in fondo il leasing per l’aereo, che potrebbe essere utilizzato per missioni istituzionali di sistema e per voli sanitari e che invece resterà chiuso in un hangar a spese degli italiani. Insomma, per andare dietro alla campagna diffamatoria del Movimento 5 stelle contro chi in quel velivolo non ha mai messo piede, il Governo continua a pagare l’aereo senza usufruirne. Mentre tutti gli altri capi di stato dei Paesi industrializzati viaggiano su una flotta degna della nazione che rappresentano, l’Italia va ancora a ruota del monopattino di Toninelli.

A nulla servirebbero le loro scuse, mentre sarebbe più utile rimettere in volo l’aereo anziché tenerlo fermo come una carcassa a fare la ruggine sotto le intemperie. Quando hanno capito che non si poteva restituire, i grillini hanno proposto di allestire nell’aereo il museo degli sprechi. Quelli loro, della loro propaganda e del loro populismo.