“Vladimir Putin in qualche modo una buona parte di ragione ce l’ha. L’Ucraina è sempre stata sotto la giurisdizione russa, la Nato se n’è appropriata… Certo poi Putin ha anche torto”.  Lo ha dichiarato Al Bano, all’anagrafe Albano Antonio Carrisi, raccontandosi ai microfoni di Francesca Fagnani, durante la puntata di ieri sera di “Belve”. Si è parlato di musica, di famiglia, e di guerra… Quella che da più di un anno sta devastando l’Ucraina, mietendo dall’inizio del conflitto più di centomila vittime. “Questa guerra è terribile, squallida – ha detto ancora Al Bano – Io non approvo quello che Putin ha fatto, chi lo approverebbe? Invadere come ha fatto quel paese a me ha dato fastidio, e non solo a me”. Poi ha chiosato: “Io dico quello che in tanti pensano, ma che non hanno il coraggio di dire”.

La Fagnani chiede quindi se anche oggi sarebbe disposto a suonare le sue canzoni per Putin, e Al Bano risponde: “Io suono e canterò sempre per il popolo russo. Putin è un russo e io ho cantato anche per lui”. Dalla guerra all’amore, all’amore perduto, a quella figlia svanita nel nulla. Sulla scomparsa della sua Ylenia, Al Bano ha racconta commosso: “È stato l’unico momento dove sono diventato un anticristo, un anti – Dio. Mi sono sentito violentato da quella forza superiore che è Dio. Erano notti in cui per dormire prendevo il Lexotan. Erano quelle notti che non finivano mai neanche durante la giornata. Quel dolore che si fa sentire anche adesso. Ma io sono cristiano e mi sono detto: se lui l’ha perso e tutto continua, chi sei tu per ribellarti a questa realtà?'”.

La scomparsa di Ylenia Carrisi è uno dei gialli mai risolti. Mentre frequentava un corso di letteratura a Londra, iniziò a nutrire il proposito di girare il mondo in solitaria, munita solo di uno zaino e del suo diario. Nel luglio del 1993, appena atterrata a Roma di ritorno dal primo viaggio in famiglia a New Orleans disse al padre che a ottobre sarebbe partita per il Belize perché voleva scrivere un libro sugli artisti di strada e i senzatetto. Decise così di prendere una pausa dagli studi e vendette alcuni oggetti per autofinanziarsi il viaggio sognato, iniziando con il Sudamerica. Dopo qualche settimana dalla sua partenza, nel periodo natalizio, Yari, fratello minore di Ylenia, decise di farle una sorpresa e di raggiungerla. Arrivato in Belize scoprì di essere arrivato con “24 ore di ritardo”, in quanto la ragazza si era già diretta a New Orleans, città in cui poi sarebbe misteriosamente scomparsa pochi giorni dopo.

Poi si parla di musica. A proposito dei suoi successi, alla domanda se senta di aver avuto un riconoscimento maggiore in Italia o all’estero, Albano confessa che nell’ambiente “il successo all’estero ha dato fastidio, qui non venivano sopportati perché non dovevano dire grazie a nessuno”. Quando la Fagnani fa riferimento al fatto che forse, questa marginalizzazione, derivava dal fatto che all’epoca non avesse aderito al partito comunista, Albano replica: “Solo allora?”. E la Fagnani: “Quindi anche adesso?”, Albano chiude: “Forse solo adesso mi stanno un po’ sdoganando”.

Poi la Fagnani ricorda l’accusa di plagio che Al Bano mosse contro In Michael Jackson perché convinto che “Will Yu Be There” fosse uguale alla sua “I cigni di Balaka”, Al Bano conferma: “Me ne fece accorgere mio figlio Yari che studiava in America”. Albano ricorda che “l’accordo finale era che avremmo dovuto fare un concerto insieme e devolvere il ricavato ad associazioni per bambini”. E alla domanda su cosa avrebbe fatto cantare a Jackson, Al Bano provoca: “Avremmo potuto cantare insieme i cigni di Balaka, anche la parte corale. Insieme avremmo fatto un botto enorme”. Insomma, una lunga intervista a viso aperto dopo i successi di Sanremo.

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