Amanda Knox ha rilasciato un’intervista in esclusiva al settimanale Oggi a 15 anni dall’omicidio di Meredith Kercher a Perugia. “Sono infinitamente grata di essere viva e di esser stata scagionata ma niente potrà restituirmi i quattro anni trascorsi senza motivo in carcere, e niente potrà cancellare il trauma che è stato inflitto alla mia famiglia, ai miei amici e a me. Soffro ancora lo stigma di un’accusa falsa: resterò per sempre la ‘ragazza che è stata accusata di omicidio’“.

Queste le parole della 35enne che oggi vive sull’isola di Vashon, nello Stato di Washington, col marito Chris Robinson e la figlia di un anno, Eureka Muse. Realizza con il marito una serie di podcast e fa attivismo per prevenire errori giudiziari e sostenere le vittima. In Italia era diventata nota dopo l’efferato delitto della studentessa inglese in Erasmus Meredith Kercher – sgozzata, probabilmente dopo un gioco erotico finito male – a Perugia. Amanda era la sua compagna di stanza.

Knox era stata condannata in primo grado e assolta definitivamente da ogni accusa dopo quattro anni di carcere. È tornata a vivere negli Stati Uniti. Raffaele Sollecito, accusato per lo stesso caso, rimase in carcere dal novembre 2007 all’ottobre 2011. Era il fidanzato di Knox all’epoca. La Cassazione lo ha assolto nel 2015 definitivamente “per non aver commesso il fatto”. Lui e la sua famiglia sono stati discriminati, hanno avuto difficoltà nel reinserirsi nella vita sociale, e nel trovare un lavoro nonostante la verità processuale.

“Lo Stato sta semplicemente seguendo la scia della credenza popolare: nella nostra cultura c’è purtroppo sempre l’idea che se vieni accusato qualcosa sicuramente hai fatto, anche se poi vieni assolto – ha raccontato in un’intervista a Il Riformista – Se non trovano le prove è solo perché sei stato bravo a nasconderle. Questo pregiudizio è alimentato sicuramente dai media che pubblicizzano le prove dell’accusa in maniera tendenziosa a favore di chi sta conducendo le indagini. Però spero che alla fine vengano fuori le responsabilità di chi si è macchiato di gravissime colpe come quella di aver distrutto per sempre la mia vita. Io non cerco vendetta, vorrei soltanto che le persone che hanno sbagliato si assumano le proprie responsabilità pubblicamente per onore della verità”.

Knox intanto è ripartita a suo modo: dalla famiglia, dalle sue attività, dal suo impegno. Ed è durissima con Rudy Guede, l’unico condannato per il delitto Kercher: “Penso che, dopo 13 anni in galera, è probabile che Guede non sia più un pericolo per la società. Ma penso anche che il carcere non l’abbia rieducato. Una persona che continua ad accusare degli innocenti del delitto che lui stesso ha commesso, e che si rifiuta di concedere la verità a una famiglia devastata dal dolore (i Kercher, ndr), resta un criminale“.

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Giornalista. Ha studiato Scienze della Comunicazione. Specializzazione in editoria. Scrive principalmente di cronaca, spettacoli e sport occasionalmente. Appassionato di televisione e teatro.