La contrattazione territoriale dovrebbe essere una consuetudine tanto banale quanto utile – in concorso con altri strumenti – a riequilibrare il rapporto tra costo della vita e stipendi in un Paese che negli ultimi 30 anni è maglia nera in Europa per l’andamento dei salari reali.
Invece anima dibattiti, infiamma gli animi, le vengono attribuiti ora poteri salvifici ora distruttivi dei diritti dei lavoratori quando non dell’unità nazionale. E puntualmente chi ha capito poco o nulla della contrattazione territoriale, grida alle “gabbie salariali”. Che erano un coefficiente automatico per il calcolo dei salari e naturalmente non c’entrano nulla, ma il solo rievocarle certifica i contorni di un dibattito sugli stipendi più interessato a mantenere le proprie liturgie che a ripristinare il potere d’acquisto di chi lavora.

L’esplosione del costo della vita

Andiamo con ordine. Il costo della vita nelle grandi aree metropolitane è esploso, con dinamiche differenti dalle aree extra-urbane. La tendenza non si riflette nell’andamento degli stipendi, soprattutto non in quelli più bassi. Con due conseguenze inaccettabili. La prima è che chi fa lo stesso lavoro in due zone d’Italia, con costi diversi, ha lo stesso stipendio nominale, ma condizioni di vita molto differenti. La seconda è che, nelle zone più costose, un numero crescente di lavoratori percepisce uno stipendio al di sotto della soglia di povertà. I dati calcolati dal Tortuga Think Tank in collaborazione con Adesso! mostrano che, ad esempio, la soglia di povertà nella città metropolitana di Milano è di 10€ all’ora, mentre lo stipendio di un 1 lavoratore su 10 non va oltre 8,45€, in linea con la media nazionale degli stipendi bassi. Anche qualora si fosse introdotto un “salario minimo” nazionale a 9€, una parte considerevole dei lavoratori milanesi non sarebbe comunque riuscita a uscire dall’area del lavoro povero. Situazione non diversa nella città di Bologna dove, applicando una simile metodologia, il salario orario minimo in grado di far galleggiare sopra la soglia di povertà sarebbe di 9.15€. E prima che qualche leghista nostalgico ritrovi passioni perdute, è bene evidenziare che non è una situazione da “nord contro sud”, semmai da aree metropolitane a confronto con extra-urbane. In Lombardia la differenza nella soglia di povertà tra capoluogo e piccoli comuni è del 23%, nel Lazio del 25%. Va un po’ meglio in Campania, dove la differenza è “solo” del 7%, ma con costi della vita a Napoli che, nel triennio 2021-2024, hanno visto un forte incremento: un chilo di pane costa il 23% in più, un panino al bar costa il 25% in più e neanche caffè (+29%) e pizzerie (+40%) sono al riparo dai rincari.

Le differenze sul territorio

I salari nazionali si rivelano, in un numero crescente di casi, condizione necessaria ma ormai insufficiente per garantire giuste retribuzioni a fronte del costo della vita sul territorio. In un Paese con differenze anche profonde (basti pensare a aree industrializzate, turistiche, ecc.) e che fa delle proprie differenze un punto di forza, non si può pensare che lo stesso salario sia sufficiente su tutto il territorio. Il ruolo della contrattazione territoriale è proprio quello di adattare, dettagliare, applicare sui territori i contratti nazionali e i loro principi. Non per creare disparità, ma per rimuoverle. Si può e si deve fare nelle aree più costose (che sovente sono le più ricche) in ragione del maggior costo della vita e della maggiore produttività. Ma si può fare anche in quelle aree dove i servizi pubblici sono più deboli e i lavoratori sono costretti a rivolgersi al mercato sopportandone i costi e cercando di mettere in campo un mix tra welfare territoriale e welfare aziendale. Permetterebbe anche di superare un’altra grande disparità: quella tra lavoratori impiegati in aziende abbastanza strutturate da avere una contrattazione aziendale di secondo livello e quelli che lavorano in realtà più piccole e quindi fanno riferimento al solo contratto nazionale. È ora di abbandonare i feticci ideologici di una sinistra che discute di massimi sistemi mentre i salari evaporano e di una destra che invoca la libertà del mercato solo quando fa comodo ai suoi. La contrattazione territoriale non è né statalista né liberista: è semplicemente efficace. Proprio come la politica dovrebbe essere.

Tomaso Greco

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