Il nuovo tempo, l’epoca 4.0, si è presentato senza bussare e ha squadernato la vita di tutti noi. La nuova epoca porta con sé nuovi paradigmi in ogni campo, richiede nuove competenze e nuovi approcci. La digitalizzazione e la globalizzazione, assi della nuova era, offrono opportunità fino a ieri insperate, ma richiedono di superare alcune garanzie che hanno caratterizzato il tempo passato. Mentre le garanzie ci venivano regalate, le opportunità dobbiamo andarcele a prendere. Anche questo libera energia, intelligenza e intraprendenza. Da questo punto di vista, siamo tutti più precari, ma tutti più liberi di dare una direzione alla nostra emancipazione.

Per queste ragioni, con l’avvento dell’epoca 4.0, si è fatto strada in molti di noi un senso di incertezza e precarietà, quasi come se si vivesse in uno stato di crisi permanente. Molti non si sentono di giocare questa partita e adottano un atteggiamento complottista, come se il nuovo tempo fosse in realtà l’effetto di un’iniziativa ordita dai potenti della terra. Così prende vita un atteggiamento populista, fondato sull’idea che il popolo sia di per sé buono e il potere sia di per sé malvagio. Tale atteggiamento attecchisce in modo trasversale rispetto al vecchio schema destra/sinistra e questo spiega l’insorgere del fenomeno del cosiddetto rossobrunismo. L’avversione nei confronti della globalizzazione rappresenta il collante di questo nuovo fronte.

Gli innovatori del nostro tempo sono dunque chiamati a contrapporre alla visione complottista e oscurantista dei populisti di ogni colore, una visione fiduciosa, aperta al nuovo, fondata su una concezione ottimistica della natura umana, volta alla promozione delle capacità degli individui. Per vivere questo nuovo tempo, ognuno deve accedere al proprio talento, rinunciarvi rappresenta un torto verso se stessi e verso il mondo. Non serve più sistemarsi, bisogna mettersi in gioco. Oggi il lavoro non si perde e non si trova, semplicemente si cambia ed è proprio dalla molteplicità e mutevolezza delle esperienze professionali che deriva una più consistente e potente possibilità di apprendimento continuo. Imparare e crescere vale più di ogni vecchia garanzia.

I ragazzi della generazione z, quelli nati nel primo decennio degli anni 2000, lo sanno bene. Loro saranno i veri artefici del consolidamento della nuova epoca. Bisogna guardare a questi giovani del nuovo millennio con sorridente fiducia, senza quella polverosa spocchia che adottano alcuni boomer nel giudicare le nuove forme di comunicazione e rivendicare il loro bel tempo andato. Anche i richiami all’impegno sociale, al recupero di quei valori che sembrerebbero perduti, appare, bisogna dirlo, patetico. L’impegno sociale della generazione z è meno esibito, meno presuntuoso, meno ideologico, meno pretestuoso rispetto al passato, in compenso è ispirato da un atteggiamento profondamente laico, non appartenente. Non a caso chi invece adotta schemi e linguaggi vecchi, gli stessi dei rivoluzionari novecenteschi, alludo ad esempio agli ambientalisti di Ultima Generazione, ci appaiono come giovani che rivendicano un tempo nuovo, ma ricalcano in effetti le modalità che furono dei loro nonni e non a caso proprio questi giovani-vecchi contestatori sono guardati con spirito parternalisticamente benevolo da molti vecchi boomer di sinistra. I giovani che sanno vivere il loro tempo hanno invece fiducia nella scienza, nella tecnologia e nell’innovazione e non cercano rifugio nel complottismo che indica nemici, perché non presumono un’illusoria comprensione più veritiera.

Gli innovatori del nuovo tempo sono chiamati a mettere la loro esperienza a disposizione della generazione z, ma, se lo vogliamo fare con spirito davvero propositivo, dobbiamo porci con l’umiltà di chi non ha totem da difendere, di chi, all’ingresso in campo, portando il secchio verso la panchina, sussurra un’ispirante parola al giovane campione che cammina al suo fianco. Ci sentiremo forse rispondere “bella zio” e potremo essere lieti di aver assolto al nostro compito: spolverare la linea di partenza. Quando tra dieci o vent’anni, questi ragazzi saranno classe dirigente, allora la transizione al nuovo tempo sarà davvero compiuta. Sarà un tempo migliore, sarà un mondo migliore.

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Esperto di leadership e talento, ha pubblicato diversi saggi con Sperling & Kupfer, Guerini e Feltrinelli, alcuni dei quali tradotti in più lingue fra cui il coreano e il giapponese. In qualità di executive coach, ha formato centinaia di manager dei principali gruppi industriali italiani e ha lavorato al fianco di alcuni fra i più affermati allenatori di calcio e pallavolo.