Come ampiamente prevedibile tra ArcelorMittal e i sindacati si va allo scontro. I proprietari franco-indiani del gruppo Ex Ilva venerdì avevano presentato un piano ‘lacrime e sangue’ che prevedeva 3.330 esuberi sui 10.700 occupati, una scure che le segretarie nazionali di Fim, Fiom Uilm ritengono “inaccettabile”.

I sindacati in una nota rivendicano “piena occupazione, gli investimenti e il risanamento ambientale oggetto dell’accordo sindacale del 6 settembre 2018 (accordo che prevedeva zero e  produzione di 8 milioni di tonnellate nel 2023, ndr). Ritengono ancor più grave – si legge nel comunicato congiunto – che le decisioni dell’azienda si basino su un accordo tra la stessa Arcelor Mittal e il Governo siglato nello scorso mese di Marzo ma a tutt’oggi a noi sconosciuto”.

Per questo gli operai incroceranno le braccia per 24 ore in tutti gli stabilimenti del Gruppo ArcelorMittal Ex Ilva martedì 9 giugno, in concomitanza con l’incontro tra le segreterie nazionali e il ministro dello sviluppo economico Stefano Patuanelli.

Commentando il piano emerso venerdì sera, il segretario della Fim-Cisl Marco Bentivogli aveva ritenuto “inaccettabili gli esuberi dichiarati intorno alle 3300 unità e una produzione che si assesterebbe intorno ai 6 milioni di tonnellate annue”. Alla base dei tagli “ArcelorMittal avrebbe fatto presente che lo scenario, rispetto all’accordo di marzo, è profondamente cambiato a causa del lockdown”, aveva sottolineato Bentivogli.

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