Moro per sempre e spreco di soldi pubblici. Sembra proprio questa la caratteristica dell’ennesimo filone di indagine sulla strage di via Fani, annessi e connessi, incentrato sul sequestro ormai sei mesi fa dell’archivio informatico di Paolo Persichetti. L’inchiesta, prima di essere riaperta a Roma, era stata archiviata a Milano dove era nata per individuare eventuali favoreggiatori della latitanza di Cesare Battisti. Almeno 50 mila euro, somma approssimata per difetto, venivano spesi per attività di intercettazioni. La Digos chiedeva alla procura di procedere alla perquisizione di Persichetti, ma il pm Alberto Nobili negava l’ok chiedendo e ottenendo di chiudere il caso.

A quel punto il pm romano Eugenio Albamonte passava dalla latitanza di Battisti a quella di Alessio Casimirri e Alvaro Lojacono, entrambi condannati in via definitiva all’ergastolo per il caso Moro, ai quali Persichetti aveva spedito per posta elettronica atti della commissione parlamentare di inchiesta, etichettati come segreti dal presidente Giuseppe Fioroni, nonostante fossero destinati a diventare pubblici solo due giorni dopo con la pubblicazione della relazione. Associazione sovversiva finalizzata al terrorismo e favoreggiamento di latitanti erano i reati che però non resistevano al Riesame, che proponeva la divulgazione di notizie riservate. Il gip romano Valerio Savio interveniva drasticamente parlando di capo di incolpazione non sufficientemente delineato, aggiungendo che la giustizia non ha tempo da perdere né soldi da buttare. Per non farla troppo lunga era ed è una caccia al reato con cinque cambi del capo di imputazione. E come in una sorta di gioco dell’oca si tornava al favoreggiamento di latitanti.

La novità delle ultime ore è che ancora il gip Savio, sciogliendo la riserva, ha accolto la richiesta di incidente probatorio avanzata dalla procura senza attendere l’udienza del 17 dicembre fissata da tempo al fine di decidere sull’istanza di dissequestro dell’archivio presentata dal difensore Francesco Romano. Va detto che l’autorizzazione all’estrazione della copia forense è stata data senza le garanzie chieste dalla difesa al fine di procedere all’assunzione delle prove con le forme del processo. La motivazione appare addirittura stravagante, perché secondo il gip tra i documenti dell’archivio di Persichetti potrebbero emergere nuovi rilievi penali per Lojacono e Casimirri, sia a carico sia a discarico. Questi nuovi rilievi chi indaga avrebbe potuto cercarli direttamente nei vari archivi delle istituzioni frequentati da Persichetti. Invece la scelta è stata quella di criminalizzare l’attività di un ricercatore indipendente bloccando tra l’altro l’uscita del secondo volume della storia delle Br, Dalle fabbriche alla campagna di primavera di cui Persichetti è coautore con Elisa Santalena e Marco Clementi.

Il gip sostiene che potrebbero innescarsi giudizi di revisione, ma nell’intera vicenda l’unica questione ‘rivedibile’ era la falsa testimonianza mai contestata al signor Alessandro Marini, il quale sosteneva di aver visto sparare in via Fani da una moto Honda contro il suo scooter. Affermazioni senza riscontri. Marini era costretto alla fine ad ammettere che il parabrezza del suo motorino si era rotto pochi giorni prima per una caduta e non per gli spari di via Fani.