Donne forti, risolute e appassionate, lo sguardo assertivo ed espressivo. I capolavori di Artemisia Gentileschi, esposti fino al 1° aprile 2024 nella mostra “Artemisia Gentileschi. Coraggio e passione” allestita nel prestigioso palazzo Ducale di Genova, parlano un linguaggio femminile e combattivo estremamente attuale anche a quattro secoli di distanza. Gentileschi appartiene a quella ristretta cerchia di artiste del passato la cui opera è riuscita ad affermarsi in un mondo e un periodo, il primo Seicento, fortemente maschile e maschilista, in virtù del suo strepitoso talento pittorico, grazie al quale è diventata l’artista più richiesta dalle corti di tutta Europa, indipendente e riconosciuta nonostante le difficoltà iniziali. Figlia estremamente dotata di Orazio Gentileschi, a sua volta pittore, viene violentata a 17 anni da un collega a cui il padre l’aveva affidata per un apprendistato, Agostino Tassi. Determinata a ricevere giustizia, Artemisia denuncia il proprio aggressore e sostiene con strabiliante energia il durissimo processo in cui – manco a dirlo – l’imputata sembra lei; pur uscendone vittoriosa, è Artemisia che viene additata dalla morale comune come responsabile. Ciononostante non si arrende e afferma la sua verità anche attraverso le sue tele, le stesse splendide, intense opere che sono oggi esposte a Genova, oltre cinquanta opere in dieci sezioni, a cura dello storico dell’arte Costantino D’Orazio.

L’erede di Caravaggio

Forse anche per questo, oltre che per l’indubbia qualità innovativa del suo lavoro che fa di Gentileschi la prima e principale erede di Caravaggio, i suoi dipinti sono tanto amati: sono una dichiarazione di intenti che buca la tela e travolge il cuore di chi guarda, senza scampo. La mostra ripercorre attraverso le opere anche la storia umana dell’artista e della società in cui viveva, «In lei la vita prevale sulla forma», scrive nel catalogo Vittorio Sgarbi, permettendo di cogliere la portata eccezionale del suo lavoro, dall’uso drammatico della luce ai tagli compositivi di forte impatto, alla qualità espressiva di volti, colori e gesti dei personaggi ritratti. Ai personaggi stessi: il numero di donne da lei dipinte è particolarmente significativo, così come il messaggio di solidarietà femminile che trasmette attraverso Giuditta, Cleopatra, Minerva, Maddalena, Dalila, Susanna; eroine forti spesso ritratte con il suo stesso volto.

Le dieci sezioni

La prima sezione tratta della giovinezza e maturità artistica di Artemisia, incentrata sulle tele di Susanna e i Vecchioni che dipingerà all’inizio e alla fine della propria carriera: un confronto interessante per cogliere l’evoluzione stilistica della pittrice. La seconda sezione regala un quadro ampio della pittura al femminile tra Cinque e Settecento, la terza sezione approfondisce la relazione pittorica tra padre e figlia, grazie a confronti tra tele con lo stesso soggetto, che mostrano il precoce affrancamento della ragazza da Orazio; la quarta è dedicata al talento maledetto di Agostino Tassi, lo stupratore, con una sala che raccoglie gli Atti originali del processo del 1612. Nella quinta sezione sono esposte due versioni dello splendido, celebre tema di Giuditta che decapita Oloferne, messi a confronto con la famosa “Giuditta e Oloferne” del padre; la sesta è dedicata alla scena genovese dei primi del Seicento. La settima sezione fa una panoramica sulle questioni di legge che vedono il coinvolgimento di artisti, a Roma, quando i pittori ostacolavano i colleghi anche con azioni violente; l’ottava parla dei trionfi di Artemisia a Firenze, dove frequentò la corte dei Medici e nel 1616 divenne la prima donna ammessa alla prestigiosa Accademia delle Arti del Disegno; la sezione successiva è dedicata ai dipinti a tema Sansone e Dalila, la decima all’Annunciazione del 1630, uno dei capolavori più potenti dell’artista, in cui per la prima volta utilizza il suo cognome. La mostra si conclude con una sezione sugli anni di Napoli, quelli della sua incoronazione ufficiale a pittrice più celebre d’Europa. Dall’8 gennaio 2024 sarà eccezionalmente esposta fuori da casa Buonarroti l’”Allegoria dell’Inclinazione”, autoritratto senza veli in cui Artemisia si dipinse come l’ispirazione che ha guidato Michelangelo.