La Procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio per Orazio Ragusa, allenatore di nuoto di 28 anni, accusato di molestie sessuali nei confronti di una sua atleta di appena 14 anni. I fatti risalgono al 2021, nella notte di San Lorenzo in un hotel nel quartiere Prati di Roma, a poche ore da una competizione dei campionati italiani. Col processo imminente, la madre della giovane ha rilasciato una lunga intervista al Messaggero, esprimendo tutto il suo dolore, ulteriormente ampliato da un confronto con il coach: “Per noi è stata una doppia delusione scoprire che la persona di cui ci fidavamo e a cui volevamo bene aveva approfittato di nostra figlia,” ha dichiarato la donna. Secondo il pm Antonio Verdi, il racconto della giovane, reso in incidente probatorio, è decisivo per incriminare il coach. “Ragusa era una persona meravigliosa, un punto di riferimento, ci fidavamo -ha detto la madre della ragazza -. Mia figlia è una ragazza di carattere, esuberante ed energica,” ha continuato. “Aveva avuto dei momenti di difficoltà è vero, ma l’allenatore l’aveva sempre sostenuta. Mi era capitato infatti di leggere dei messaggi che Ragusa le aveva mandato nei quali la incitava a non arrendersi, era un grande motivatore.”

Lo stupro durante i campionati italiani

La violenza risale ormai a tre estati fa quando i familiari della giovane si recarono a Roma per i Campionati italiani di nuoto insieme al team della figlia. “Ma a causa del Covid, non potevamo assistere alla gara di persona e la vedemmo in streaming,” ha spiegato la madre. La violenza si consumò una sera in hotel, ma la giovane rimase in silenzio per molto tempo. Col passare delle settimane iniziò la scuola superiore, saltando spesso lezioni e allenamenti. “Anche a tavola, quando parlavamo dell’allenatore, vedevo il fastidio sul suo volto. Non era più come prima,” ha spiegato la madre.

Il racconto dallo psicologo e il confronto con l’allenatore: “Mi provocava”

Di conseguenza la famiglia decise di portare la ragazza all’ASL per ricevere sostegno psicologico da un’associazione. La psicologa raccolse le confessioni della nuotatrice, che rivelò la violenza subita. Da lì il confronto con la famiglia e l’inizio alle indagini. “Non potevo davvero credere che avesse cercato di avere atteggiamenti inappropriati,” ha ammesso la donna. Durante una gara a Riccione, la madre cercò di parlare con l’allenatore per dargli una possibilità di spiegarsi, ma dall’altra parte trovò soltanto una scusa: “Cosa dovevo fare? Era sempre lì che mi provocava”. Il coach avrebbe giustificato il suo abuso con il comportamento esuberante della ragazza, avvenuto anche in quella stanza d’albergo nel quartiere Prati. “La cosa che fa più male – ha concluso la madre – “è che in alcune circostanze tutti ti voltano le spalle”.

Redazione

Autore