Non sono in pericolo di vita i cinque militari italiani vittime di un attentato domenica mattina, 10 novembre, nei pressi di Kirkuk, in Iraq, mentre rientravano alla base nel Kurdistan iracheno al termine di un’attività di mentoring and training a beneficio delle forze di sicurezza irachene impegnate nella lotta al Daesh.

LE AMPUTAZIONI – L’esplosione di un ordigno artigianale ha però provocato gravi conseguenze per due dei cinque militari coinvolti. Secondo quanto apprende l’Adnkronos da fonti dello Stato Maggiore della Difesa, due militari hanno subito amputazioni a causa delle gravi ferite riportate. A un militare dell’Esercito è stata amputata la gamba sopra al ginocchio, mentre un militare della Marina ha subìto l’amputazione di parte del piede.

GLI ALTRI TRE FERITI – Un terzo militare ha riportato diversi traumi interni con alcuni versamenti e qualche costola rotta, ma le sue condizioni sono stabili. Un quarto militare dell’Esercito ha subito traumi importanti ma meno rilevanti degli altri e le sue condizioni non destano preoccupazione. Un quinto, infine, militare della Marina, ha riportato nell’attacco diverse fratture ed è sottoposto a trattamento proprio perché i medici stanno provando a evitare rischi di amputazione.

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IL MINISTRO – “Sto seguendo il quadro della situazione ed i suoi aggiornamenti che mi sono stati forniti più volte in queste ore – sottolinea in una nota il ministro della Difesa Lorenzo Guerini -. Non ci sono nostri soldati in pericolo di vita. Esprimo la mia più sentita vicinanza ai nostri militari coinvolti, alcuni dei quali hanno riportato gravissime lesioni. Seguiamo l’evoluzione delle loro condizioni con apprensione. Sentimenti che sono di tutti gli italiani per quanto avvenuto. Alle famiglie dei soldati coinvolti, ai colleghi di questi nostri valorosi militari la mia solidarietà e quella del governo e delle nostre istituzioni. Siamo accanto a tutti i nostri ragazzi in uniforme impegnati in numerose missioni internazionali, in cui operano con professionalità e competenza unanimemente riconosciute”.

“MISSIONE INUTILE” – Dura presa di posizione da parte del Sindacato dei Militari che in una nota esprime “vicinanza ai colleghi feriti e alle loro famiglie ma non possiamo tacere di fronte all’ipocrisia di chi rappresenta le istituzioni e continua a definire la guerra combattuta dai nostri soldati all’estero come “missioni di pace””.

“I nostri colleghi – prosegue la nota – oggi sono rimasti vittime dell’ennesima azione di guerra in un Paese straniero che convive costantemente con la guerra e tra qualche giorno, quando la politica avrà finito di interessarsi della loro sorte e di discutere delle dotazioni e dei costi di queste missioni per rivendicare maggiori stanziamenti economici per comprare nuove e più potenti armi, tutto verrà dimenticato e i militari feriti, come tutti quelli che li hanno preceduti in questi lunghi anni di inutili guerre combattute all’estero, si ritroveranno, da soli, a dover fare i conti con le menomazioni e la burocrazia”, aggiunge il sindacato. “È ora di ritirare tutti i contingenti militari italiani dalle missioni all’estero perché l’impegno delle forze armate, in questo modo, è chiaramente contrario all’articolo 11 della Costituzione”, conclude la nota.

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