La scoperta di una democrazia fragile e l’affermarsi, viceversa, di una “democrazia disciplinare”. La necessità di combattere la crescente “cultura di criminalizzazione e repressione” che trova spazio sui social ma anche nelle richieste dei cittadini ai sindaci per ordinanze sempre più severe. E poi i rischi di tenuta economica del sistema, di impatto sanitario, di rottura del patto sociale che l’emergenza coronavirus porta con sé. Uno stato di eccezionalità – una sorta di TSO collettivo – che potrebbe diventare la normalità del futuro. A partire dalla smaterializzazione del processo: aule vuote, parti e testimoni espulsi, contraddittorio virtuale.

È l’allarme emerso durante il convegno web Riflessioni per uscire dalla crisi. Sessanta milioni agli arresti domiciliari organizzato lunedì 30 marzo dallo studio di comunicazione The Skill, che ha riunito avvocati, magistrati, medici e psicologi. Andrea Camaiora, Ceo di The Skill, ha avviato la discussione sull’attuale «enorme esperimento sociale di restrizione di massa delle libertà individuali». Giorgio Varano, responsabile comunicazione delle Camere Penali, ha paventato da subito «il rischio che avvocati, indagati e testimoni vengano espulsi dalle aule dei tribunali». Avvisando: «Siamo in una sorta di detenzione domiciliare senza durata predeterminata». Una sanzione affatto mite bensì «con importanti conseguenze fisiche e psicologiche».

Critico il presidente dell’UCPI Gian Domenico Caiazza: in democrazia le limitazioni alle libertà vanno «spiegate, giustificate, attribuite a soggetti che possono disporne». Mentre in questo frangente si assiste a una «serie diffusa di autorità», al «ruolo del Parlamento degradato» dal fatto che non si riunisce, all’affermarsi di una «democrazia disciplinare». Preoccupazione per «il seme avvelenato della smaterializzazione dei processi», su cui già da anni si registrano suggestioni. Come, ha ricordato il penalista, anche da parte di Nicola Gratteri. Il procuratore capo di Catanzaro, mercoledì sera ospite di “8 e mezzo” su La 7, ha ribadito che il processo virtuale risolverebbe molti problemi, tra cui l’attuale blocco della giustizia.

Una tesi avversata dalle Camere Penali, che hanno scritto al Guardasigilli Bonafede per tornare nelle aule il 15 aprile e non estendere l’eccezionalità dei procedimenti penali a distanza fino al 30 giugno: «Si stravolgerebbe il processo e si violerebbero le regole più sacre della materiale presenza in aula di giudici, pm, avvocati, e della garanzia di segretezza delle camere di consiglio». Al convegno di The Skill, il sostituto procuratore di Viterbo Massimiliano Siddi ha sottolineato, per la prima volta nel Dopoguerra, «la rottura filosofica e giuridica dei principi dello Stato di diritto. Con l’affermazione del principio che si possono comprimere in nome del diritto alla vita le libertà individuali». Il pericolo risiede nell’oggettiva predisposizione di un “pacchetto giuridico” per i posteri. Insomma, un precedente da cui sarà difficile tornare indietro. Siddi approva la depenalizzazione della violazione delle norme di comportamento in epoca di coronavirus e preconizza «un ruolo importante della magistratura» nel dopo epidemia.

Riccardo Memeo, cardiologo del Policlinico di Bari, ha messo l’accento sull’aumento di rischi cardiovascolari a causa della sedentarietà e di ipertensione dovuta allo stress, ma anche sul fatto che le patologie extra-covid 19 vengono inevitabilmente trascurate. L’avvocato Giuseppe Fornari si è interrogato sulla qualità della nostra democrazia, riportando le perplessità di colleghi e costituzionalisti: «Secondo la cultura dominante gli arresti domiciliari sarebbero una passeggiata di salute. Vedo la continua invocazione di sanzioni penali come soluzione o semplicemente per placare gli umori. Ma bisogna combattere la cultura della repressione e criminalizzazione. Questa sia l’occasione per riaffermare i principi costituzionali e la responsabilità individuale».

L’avvocato Elisabetta Busuito, dello studio Perroni e Associati, ha messo in ordine i pericoli maggiori: tenuta del sistema Paese, smaterializzazione del processo e rischio sanitario. Con un invito alla politica: «Basta con i tagli indiscriminati e attenzione a seguire la pancia degli elettori o i talebani da social». Infine, l’avvocato Antonio Bana, preoccupato anche lui per il processo virtuale, ha auspicato nella classe dirigente «capacità di previsione e di azione sui fronti della sicurezza, del lavoro e dell’assetto economico. Oggi abbiamo i motori al minimo, è fondamentale non spegnerli del tutto».

Federica Fantozzi, Giovanni Cioffi

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