Un presidente del Consiglio che si scaglia contro un intero ospedale e minaccia le Regioni di sottrarre loro le competenze sulla salute dei cittadini, e il presidente della Regione Lombardia che risponde per le rime e difende i suoi camici bianchi, l’eccellenza della sanità del nord Italia. È bastata questa scaramuccia, da cui il premier Conte ha dovuto fare una rapida retromarcia per non mettere in imbarazzo il ministro della Salute Speranza, per disvelare quanto in basso nella classifica di quelli che contano sia scesa la categoria dei medici, penultima solo rispetto a quella degli insegnanti.

Un sanitario o un docente, nel mondo di “uno vale uno”, può essere sbeffeggiato, vilipeso, insultato e persino picchiato, senza che questi fatti non vengano considerati poco più gravi di una pacata critica. Ma provi qualcuno a tirare le orecchie a un pubblico ministero che abusi del proprio potere di manette o a presentare una proposta di legge che sanzioni i giornalisti se per esempio sputtanano la vita personale di chicchesia. Provi, quel signor qualcuno, e mal gliene incoglierà. Perché nella gerarchia del potere, quella di “fasci e corporazioni” si sarebbe detto negli anni più bui e tristi, le vere Caste sono solo due, quella dei magistrati e quella dei giornalisti. Soprattutto quando e se tra le due categorie c’è complicità. Chi ha il potere di toglierti la libertà e chi ha quello di toglierti la reputazione, hanno nelle mani la tua vita.

Non ti regalano niente, e devi anche ringraziarli se non ti hanno fatto troppo male. Li temi e li ammiri perché sanno farti paura. Ma dall’ostetrica che fa nascere il tuo bambino, dall’oncologo che ti aiuta a difenderti dal tumore, come dal maestro che ti fa uscire dall’analfabetismo o dal docente che ti dà formazione e cultura, tu ti aspetti tutto come dovuto. E ti innervosisci se non riesci ad avere da loro tutto e subito. Perché loro sono ai tuoi occhi le pezze da piedi al tuo servizio, sono i corpi da umiliare, strattonare, picchiare. Violentare, se sono donne. È successo e succede.

Un’indagine presentata un anno fa dalla Federazione nazionale dei medici e degli odontoiatri aveva rilevato, sulla base di un questionario cui avevano risposto oltre cinquemila operatori sanitari, che un medico su due viene insultato e che il 46% teme di essere aggredito, cosa che nel 4% dei casi è già successa, con 1.500 lesioni all’anno sul lavoro, secondo i dati Inail. C’è poi un’altra indagine, condotta tra operatori sanitari del Pronto soccorso e del 118, che fa schizzare fino al 34% le aggressioni fisiche e al 66% quelle verbali. Al medico vengono imputati ritardi e disfunzioni del sistema. E, soprattutto in determinate regioni, il nervosismo dei pazienti ha anche qualche fondamento.

Tanto che gli stessi medici non sempre denunciano, rassegnati a subire la violenza e gli insulti quasi come facessero parte dei rischi professionali. Ma il fenomeno è in crescita, soprattutto nei confronti delle dottoresse, quando sono da sole a svolgere i turni di notte nei presidi ospedalieri, dove si sono verificati anche casi di violenza sessuale. Si cercano soluzioni, ma c’è un problema culturale di fondo, che si è manifestato anche in questi giorni, dopo la comparsa in Italia del contagio dal coronavirus. C’è una sottile sfiducia sottopelle nei confronti di chi ha il compito di curarci, che provoca anche nella civilissima Milano, comportamenti dissociati incomprensibili. Il medico dice che la mascherina non serve (se non al malato che con generosità la indossa per non contagiare gli altri)?

Tutti assaltano le farmacie e vanno in giro con la mascherina, perché non si fidano. Forse se glielo dicesse un magistrato, vien da pensare, risulterebbe più autorevole. I virologi si sgolano a spiegare come avviene il contagio (la famosa gocciolina dello starnuto o del colpo di tosse, efficace solo se siete a distanza ravvicinata, ma depotenziata quando plana sugli oggetti)? Non ci crede quasi nessuno, come se la verità fosse tenuta nascosta e si aggirasse per le città e i paesi un mostro che sputacchia virus che tutto infettano, gli oggetti, le case, le strade.

Che sono infatti deserte, con l’esclusione dei supermercati, che subiscono un vero “assalto ai forni” quale non si è visto neppure in tempo di guerra. La bulimia del tutto e subito e abbondante a compensazione della paura e dell’insicurezza. Rese ancora più forti dalle dichiarazioni irresponsabili e ingrate del presidente del consiglio. Il quale dovrebbe almeno ricordare che c’è stato un medico che l’ha fatto nascere e qualche altro che l’ha curato quando ne ha avuto bisogno. E che ce ne sono tanti che in questi giorni stanno saltando le ore di riposo anche per far fare bella figura a uno che continua a pensare che “uno vale uno”.

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Politica e giornalista italiana è stata deputato della Repubblica Italiana nella XI, XII e XIII legislatura.