Il voto di giovedì a Bruxelles non è di quelli storici, ma certamente lascerà il segno. A settembre il Consiglio europeo sulla competitività aveva già ammorbidito (e reso più ragionevoli) i termini e le condizioni per la transizione ecologica dei veicoli a motore, il cosiddetto standard “Euro 7”, così come erano stati scritti da Timmermans e dalla Commissione, secondo molti troppo ideologici, impossibili da raggiungere ed anche inutili, visto il divieto di vendere motori a scoppio già stabilito per il 2035. Così giovedì il Parlamento ha fatto propria – con piccoli cambiamenti – posizione del Consiglio e l’ha votata con un’ampia maggioranza: a favore Renew Europe e Popolari – che insieme hanno spinto per arrivare a questo punto di mediazione -, sempre a favore circa un terzo dei socialisti ed i gruppi conservatori, contrari verdi e buona parte della sinistra.

La neutralità tecnologica

Nella sostanza, ci sono spiragli perché negli atti successivi trovi attuazione il concetto della “neutralità tecnologica”, assai importante per l’Italia, tra i Paesi leader nella ricerca: non importa con quali tecnologie raggiungi quell’obiettivo – elettrico, e-fuel, biogas etc. –, l’importante è che lo raggiungi. Passa inoltre l’idea che si deve tener conto di tutti gli elementi inquinanti, concentrandosi in particolare laddove si trova la maggior parte del potenziale di riduzione delle emissioni, vale a dire le emissioni degli autocarri e il particolato, cioè pneumatici e freni (per la prima volta inclusi nella proposta). Passano infine tempi più lunghi rispetto alla proposta di Timmermanse della Commissione per l’entrata in vigore dei nuovi standard: 2 sono gli anni aggiuntivi concessi per adeguare i veicoli leggeri (4 per quelli pesanti).

Motori a scoppio

Invariato rimane invece il divieto di commercializzazione dei motori a scoppio, salvo quelli alimentati con la cosiddetta e-fuel, a partire dal 2035, così come deciso definitivamente a marzo scorso. Anzi, è stato proprio il mantenimento di quel divieto a portare ad un ammorbidimento della proposta della Commissione, proprio perché gli sforzi tecnologici dell’industria dell’automotive sarebbero stati vani considerata la scadenza del 2035. “Accolgo con favore il voto di giovedì del Parlamento europeo su Euro 7”, ha commentato Nicola Danti, europarlamentare italiano di Renew Europe: “l’aggiornamento degli standard di inquinamento per auto e camion contribuirà a rendere l’aria più pulita in Europa senza però compromettere ideologicamente il settore automobilistico. Il nostro gruppo ha difeso un approccio equilibrato che tenga conto sia del miglioramento della qualità dell’aria che della competitività dell’industria europea”. “Abbiamo spinto – continua Danti – con successo per ottenere requisiti più ambiziosi rispetto alla proposta della Commissione su freni e pneumatici, così come sulla durata delle batterie, ma abbiamo fatto anche in modo che decarbonizzazione non significhi de-industrializzazione, lasciando flessibilità e tempi di adeguamento per le imprese del settore. A tal proposito, mi sarei aspettato un po’ più coraggio sull’inclusione di nuove categorie di veicoli a zero o basse emissioni di carbonio (biocombustibili su cui il sistema italiano sta investendo molto): è una priorità per molti deputati di Renew che riflette la nostra posizione favorevole ad un approccio di neutralità tecnologica. Indichiamo la strada da intraprendere, che è quella della sostenibilità e della riduzione dell’inquinamento, ma lasciamo alle nostre aziende la libertà di decidere come raggiungere l’obiettivo”.

Il punto del Pd

Tra cui gli europarlamentari di sinistra contrari anche quelli del Partito Democratico, ormai destinati al massimalismo anche in campo ambientale: “Non mi sorprende più il voto contrario dei colleghi PD, ormai abituati ad un approccio ideologico che non fa bene a nessuno, non alle imprese ma neanche all’ambiente”, ci ha commentato un laconico Nicola Danti. Esultanza infine eccessiva da parte della destra europea e della destra italiana, Urso e Salvini in testa: l’impianto complessivo di Euro 7 così come l’obiettivo di un settore automobilistico sempre più sostenibile che loro contrastavano in nome del negazionismo ambientale, viene confermato.

Giornalista, genovese di nascita e toscano di adozione, romano dai tempi del referendum costituzionale del 2016, fondatore e poi a lungo direttore di Gay.it, è esperto di digitale e social media. È stato anche responsabile della comunicazione digitale del Partito Democratico e di Italia Viva