Il caso della bozza della sentenza trovata nel fascicolo di un processo d’appello, a Napoli, prima ancora delle conclusioni del sostituto procuratore generale e del difensore non sarebbe un caso isolato. «Accadde anche trent’anni fa a Castel Capuano. Si celebrava un’udienza di Riesame e nel fascicolo del relatore fu trovata la decisione», ricorda Claudio Botti, uno dei più affermati penalisti napoletani. «Ieri come oggi si giustificarono dicendo che era uno schema di lavoro, il che non è vero perché lo schema di lavoro o la scaletta di un giudice è cosa molto diversa dal dispositivo di una decisione». La reazione dell’avvocatura allora fu molto decisa: «In quella circostanza – continua Botti – gli avvocati uscirono dall’aula e per circa un mese non si celebrarono udienze di alcun genere». Oggi è diverso.

«Naturalmente i tempi sono cambiati ed esistono i codici di regolamentazione, ma questi episodi sono di una gravità che richiederebbe una risposta molto molto dura», dice mostrando di non nutrire grandi aspettative per quanto riguarda l’incontro previsto oggi tra il presidente della Corte d’appello Giuseppe De Carolis di Prossedi, i rappresentanti locali dell’Anm e i vertici delle Camere penali a cominciare da quella napoletana capitanata da Marco Campora. «Temo che saranno adottate le medesime scuse dette ogni volta: che si trattava di uno schema di lavoro e non di una decisione già assunta – commenta Botti – Per fortuna si tratta di casi sporadici, ma sintomatici della mancanza di una cultura della giurisdizione e del processo che va recuperata assolutamente. Mi auguro che il clamore di questo episodio determini una riflessione per restituire credibilità al momento del processo e questo è un compito che spetta a tutti, non solo ai giudici».

Accadrà? «Sono pessimista», risponde Botti. «Ormai ci si sente dei pupazzi ad andare in tribunale la mattina. Eppure c’è in ballo una grande responsabilità, come l’innocenza di una persona». E qui torniamo a un certo atteggiamento dei magistrati, non tutti per fortuna: «Alcuni giudici hanno un senso di autoreferenzialità per cui ritengono di poter fare a meno sia dei pubblici ministeri sia del difensore: si tratta di un’offesa grave non solo agli avvocati ma a tutte le parti del processo, e quindi al processo in sé e alla giurisdizione in sé». «Purtroppo – aggiunge Botti – il processo viene vissuto troppo spesso come un rituale inutile e chi deve giudicare si ritiene depositario della verità a prescindere dal contenuto delle parti. Questa è la triste realtà». E chi crede che sia una realtà solo napoletana sbaglia. «A me personalmente accadde in occasione di un’udienza di Riesame a Torino – ricorda l’avvocato Botti – Il collega, andando in cancelleria il giorno prima, trovò nel fascicolo la decisione già assunta».

Anche l’avvocato Antonio Tafuri, presidente del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Napoli, ricorda alcuni precedenti di sentenze preconfezionate. «Ricordo un episodio che interessò un avvocato napoletano al Tribunale di Milano e che fece molto scalpore», precisa. «È vero che si tratta sempre di comportamenti individuali e di fatti specifici, ma la tendenza, in generale, è quella a svalutare l’ambito nel quale si svolge la difesa della persona imputata», osserva il presidente degli avvocati partenopei. «Ho letto di recente un commento molto interessante di Zagrebelsky – aggiunge – Metteva in evidenza che proprio l’esigenza di una difesa e di un difensore legittima l’esistenza di uno Stato democratico e di un potere giudiziario». «Ci sarebbe quindi da essere molto più attenti al rispetto delle esigenze della difesa», ribadisce Tafuri annunciando che il caso della Corte d’appello di Napoli sarà argomento di discussione anche nella seduta del Consiglio di oggi pomeriggio.

In attesa delle decisioni degli organismi di categoria, sui social piovono i commenti dei penalisti. «Ormai – scrive l’avvocato Giovanni Bellerè – ci vogliono ridotti a semplici passacarte, non hanno alcuna intenzione di ascoltarci, dubito che si leggano i motivi di appello. Mi aspetto una settimana di astensione».

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Napoletana, laureata in Economia e con un master in Marketing e Comunicazione, è giornalista professionista dal 2007. Per Il Riformista si occupa di giustizia ed economia. Esperta di cronaca nera e giudiziaria ha lavorato nella redazione del quotidiano Cronache di Napoli per poi collaborare con testate nazionali (Il Mattino, Il Sole 24 Ore) e agenzie di stampa (TMNews, Askanews).