Sulle macerie del processo penale sopraggiungono nuove proposte di riforma. Il sistema è logoro e lento ed occorrerebbe una messa a punto generale, un intervento strutturale di grande portata che possa snellire le procedure senza intaccare le garanzie. Prime tra queste, la presunzione d’innocenza e il giusto processo di ragionevole durata. Principi costituzionali tornati alla ribalta dei media, dopo la nomina del nuovo Ministro della Giustizia Marta Cartabia.
Il cui pensiero, rispetto a quanto fatto di recente, riteniamo sia “è tutto sbagliato, è tutto da rifare”, citando la famosa frase di Gino Bartali, indimenticato campione di ciclismo. Purtroppo non è in bicicletta che bisogna andare, ma con il carro armato, per affrontare tutte le insidie che una riforma costituzionalmente orientata troverà sulla sua strada. Ci è d’insegnamento il colpo mortale inflitto alla Riforma dell’Ordinamento Penitenziario, avviata su impulso della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, voluta dal Parlamento con la Legge delega al Governo, predisposta prima dagli Stati Generali dellEsecuzione Penale e poi da ben tre Commissioni Ministeriali. Anni di lavoro finiti nell’oblio, ma che il nuovo vento potrebbe far risuscitare. Certo il carro armato, nonostante la sua stazza, dovrà muoversi con agilità e velocità, perché la situazione peggiora di giorno in giorno e sono in arrivo risorse economiche, mai viste prima d’ora, grazie al Recovery Plan. E allora bisogna fare presto e bene. È necessario preparare il terreno per l’inserimento delle nuove norme che, se applicate su zolle inquinate da anni di arretrato, non assicureranno alcun risultato.
In questo allarmante contesto, il ricorso all’amnistia e all’indulto – istituti previsti dalla Costituzione – è irrinunciabile, come una robusta depenalizzazione che possa ristabilire quali siano le fattispecie penalmente rilevanti, restituendo al Legislatore e togliendo alle Procure l’importanza dell’esercizio dell’azione penale. Solo la drastica riduzione del carico processuale consentirà di vedere immediatamente i primi risultati di una riforma che, ci auguriamo, sia tale da soddisfare la volontà di Giustizia delle persone offese e degli imputati. La verità sarà accertata in tempi brevi e ciò, come indicato dallo stesso Ministro della Giustizia, potrà accontentare sia i c.d. giustizialisti, quanto i c.d. garantisti. La stessa Commissione Europea chiede la riduzione della durata dei processi, che rappresenta uno dei principali obiettivi da raggiungere, per evitare di restituire l’imponente cifra che l’Europa sta per immettere nella vita economica e sociale del Paese.
Annullato gran parte dell’arretrato, si potrà preparare il futuro che dovrà, innanzitutto, consistere in investimenti in strutture e personale. Prevedere una fase investigativa più breve e un Giudice delle Indagini Preliminari più presente e autorevole, che possa avere effettivamente il controllo dei tempi dell’attività delle Procure. Oggi una richiesta di proroga delle indagini non si nega a nessuno. Rivedere il giudizio espresso nell’udienza preliminare, che allo stato, nella quasi totalità dei casi, non è altro che l’inutile passaggio obbligato verso il rinvio a giudizio, con una percentuale del 97%. Rendere più allettanti il patteggiamento e il rito abbreviato, per diminuire il numero di fascicoli destinato al dibattimento. Dare la possibilità al Giudice, sia nei riti alternativi che nel giudizio ordinario, di comminare, in caso di condanna, misure (pene) alternative, come gli arresti domiciliari o l’affidamento al servizio sociale, ovvero di prevedere un percorso punitivo-rieducativo, che potrà poi essere rimodellato dalla Magistratura di Sorveglianza.

Così facendo si potrà alleggerire il carico sia del dibattimento – l’imputato sarebbe più invogliato a patteggiare ove potesse evitare il carcere – sia dei Tribunali di Sorveglianza, spesso inutilmente chiamati a decidere su provvedimenti che avrebbe potuto già prendere il Giudice di merito. In alcun modo dovranno essere limitate le due impugnazioni da parte dell’imputato. La statistica sulle sentenze riformate in appello e quella sulle ingiuste detenzioni – 1015 innocenti in custodia cautelare ogni anno – non dovrebbero consentire nemmeno di pensare a tale possibilità. Azzerare la riforma Bonafede sulla prescrizione che, di fatto, elimina tale istituto, prevedendo imputati sottoposti a processo a vita e le stesse persone offese in attesa di una sentenza definitiva che apparirà sempre all’orizzonte, ma sarà spesso irraggiungibile.

Siamo, dunque, in presenza della possibilità di una vera svolta per il processo penale e ci auguriamo che le risorse vengano indirizzate soprattutto nelle Corti di Appello in maggiore sofferenza. Tra queste certamente vi è quella di Napoli, dove vi è la più grande Procura della Repubblica e dove – come riportato su queste pagine – nel solo Tribunale di città servirebbero altri 70 Magistrati e 200 Cancellieri e dove l’area della Sorveglianza ha circa 52.000 procedimenti pendenti, a fronte di una cronica mancanza di personale. Guardiamo con grande fiducia all’operato del Ministro Cartabia, ma preoccupati per il dibattito parlamentare che vede protagoniste forze, a volte confuse, su valori essenziali di un Paese democratico e civile.