Lo scontro in Tribunale
“Basta litigi tra avvocati e magistrati, pensino alle riforme”, la stoccata di Alemi
L’ultima scintilla in ordine di tempo è quella innescata da un documento dell’Anm con cui, in mancanza di una priorità nei vaccini, si chiedeva un ridimensionamento delle attività giudiziarie; la nota ha da subito attirato molte critiche sulle toghe, già nel ciclone dopo il caso Palamara tanto che gli stessi vertici dell’associazione hanno fatto un passo indietro rispetto ai toni iniziali. Sta di fatto che la polemica resta e tocca un nervo già scoperto nel rapporto tra magistrati e avvocati. A Napoli, in particolare, lo strappo tra le due categorie si era già consumato sui temi della Sorveglianza per le criticità degli uffici e le lungaggini delle decisioni che si protraggono ormai da tempo anche a causa delle carenze di organico negli uffici giudiziari.
«Soprattutto in un momento difficile come quello attuale, farsi la guerra è l’errore più grande che si possa commettere – afferma Alemi – Bisognerebbe cercare di spogliarsi, ognuna delle categorie, delle proprie prerogative e di discorsi triti e ritriti dando la precedenza al serio problema di individuare una soluzione per andare avanti». Come? «Occorrerebbe un poco di buon senso – dice l’ex presidente del Tribunale di Napoli – Bisognerebbe mettersi tutti attorno a un tavolo, rinunciare ad abitudini che sono diventate anche cattive abitudini e pensare seriamente a una riforma della giustizia civile e penale che consenta di eliminare un mare di carte inutili, un mare di processi che non hanno peso. Intendo dire non solo depenalizzare ma soprattutto semplificare lo svolgimento del processo, snellire le procedure. Non è possibile – aggiunge – che ogni volta che si interviene sulle procedure, invece di semplificarle, si complicano ancora di più. Snellendole, invece, il processo va avanti più rapidamente e si riduce anche l’incidenza della prescrizione che rappresenta uno spreco di energie e risorse».
E qui entra in gioco anche la politica. «Fino a quando – osserva Alemi – non avremo amministratori pubblici capaci di amministrare in modo corretto ed effettivo tutti quelli che sono i problemi del Paese, non abbiamo alcuna speranza». La giustizia a Napoli si è già trovata, in passato, a far fronte a periodi di grandi emergenze, dal colera del 1973 al terremoto del 1980. «Ma si è sempre trattato di casi che hanno interessato settori limitati – ricorda Alemi – Il colera ha riguardato Napoli, il terremoto la Campania e l’Irpinia, per cui si è riusciti a far confluire fondi statali sul singolo problema. Adesso, invece, c’è una pandemia che interessa tutta l’Italia, tutto il mondo». E paghiamo lo scotto di inefficienze ignorate da tempo. «Come nella sanità si sono chiuse, negli anni, una serie di strutture che servivano ad assicurare l’assistenza ai cittadini sul territorio, così nella giustizia per anni si è scelto di non investire. Sono state scelte completamente sbagliate da parte dello Stato – afferma Alemi – È stato un grosso errore ridurre il numero dei magistrati e soprattutto il numero del personale amministrativo. Si tenga presente che per vent’anni non si è fatto un concorso per sostituire il personale amministrativo che andava in pensione, non assicurando il necessario passaggio di consegne dell’impiegato esperto che prima di andarsene trasferiva le sue esperienze al neo assunto». È mancata quella che il presidente Alemi definisce «una visione di insieme».
E continua a mancare. Lo si vede nella gestione dei vari aspetti dell’emergenza attuale, incluso quello dei vaccini. «Dopo anziani e persone fragili, la priorità andava data a chi ogni giorno garantisce un servizio esponendosi al rischio di un contagio. È assurdo – conclude Alemi – che i docenti universitari abbiano avuto la precedenza su magistrati, dipendenti del trasporto pubblico e dei supermercati».
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