Decisioni sulla scarcerazione dei detenuti non sempre tempestive, difficoltà nel completamento delle istruttorie, organici ormai ridotti all’osso: le difficoltà del Tribunale di Sorveglianza di Napoli sono evidenti. Ma quelli dell’ufficio giudiziario partenopeo non ci stanno a passare per giudici poco rispettosi delle norme costituzionali e di legge, come sostenuto dalle Camere penali in un durissimo comunicato. E così la presidente Angelica Di Giovanni ha chiesto al Csm di aprire una pratica a tutela di tutte le toghe della Sorveglianza: una decisione clamorosa che determina uno scontro frontale tra magistrati e avvocati che forse non si vedeva dagli anni Novanta, quando i penalisti puntarono il dito contro la gestione della Procura partenopea all’epoca guidata da Agostino Cordova.

L’iniziativa di Di Giovanni è la risposta al documento con cui le Camere penali di Napoli e dintorni hanno denunciato le disfunzioni del Tribunale di Sorveglianza del capoluogo, chiedendo alle toghe di sollecitare un intervento risolutivo da parte del governo Draghi e minacciando l’astensione dalle udienze. Dalla parte dei vertici dell’ufficio giudiziario si è già schierata la giunta partenopea dell’Anm: «I toni utilizzati dagli avvocati non rispondono alla necessità di un confronto sereno e proficuo – spiega Marco Puglia, componente della giunta locale dell’associazione e, tra l’altro, giudice di sorveglianza a Santa Maria Capua Vetere – Noi magistrati siamo consapevoli delle criticità che affliggono il Tribunale, ma non possiamo essere additati come soggetti che violano la Costituzione e le leggi. Anche perché, durante l’emergenza Covid, lo stesso Tribunale di Sorveglianza ha continuato a lavorare senza sosta». Emblematica, in questo senso, è la vicenda del carcere di Carinola dove, tra marzo e maggio 2020, il numero dei detenuti si è ridotto da 480 a 360 proprio per effetto delle scarcerazioni disposte dall’Ufficio di Sorveglianza di Santa Maria Capua Vetere.

Ciò non toglie che il Tribunale partenopeo viva una situazione di impasse dovuta soprattutto alla mancanza di circa il 45% del personale amministrativo e dei cancellieri. Non ci sono scoperture significative, invece, per quanto riguarda i magistrati che, da un anno a questa parte, sono stati comunque falcidiati dal Covid. Fatto sta che avvocati e detenuti devono spesso fare i conti con istruttorie spesso incomplete e tempi delle decisioni sulle scarcerazioni troppo lunghi, come denunciato dalle Camere penali. «C’è da dire – replica Puglia – che spesso le istruttorie presuppongono l’acquisizione di documenti da parte di altri soggetti, per esempio dalle forze dell’ordine, che sono oberati di lavoro e quindi non in grado di fornire una risposta celere alle sollecitazioni dei nostri uffici».

Quanto alla lentezza del Tribunale di Sorveglianza, secondo il segretario dell’Anm napoletana «si tratta di una circostanza quasi fisiologica alla luce dell’enorme mole di lavoro che grava sugli uffici». A confermarlo sono i numeri: dall’ultimo bilancio annuale emerge che la Sorveglianza deve occuparsi di una popolazione carceraria che supera stabilmente le 6mila e 500 unità e gestire le circa 8.426 persone prese in carico dall’Ufficio esecuzione penale esterna. Ma come la mettiamo con le istanze di differimento della pena per detenuti gravemente malati? «Quelle beneficiano di un canale privilegiato – fa sapere il giudice Puglia – che è costantemente monitorato da magistrati e cancellieri e, dunque, gode di particolare attenzione».

Di sicuro il Tribunale di Sorveglianza di Napoli è e resta il simbolo di una giustizia perennemente impantanata, anche e soprattutto a causa della scarsa attenzione riservatale dal Governo nazionale, quasi come se l’attività dei tribunali fosse una questione di secondaria importanza rispetto a quelle più direttamente legate all’economia e allo sviluppo. Ora, però, non c’è solo da risolvere le criticità dell’ufficio diretto dalla giudice Di Giovanni, ma anche da ricomporre una clamorosa frattura tra la magistratura e l’avvocatura napoletane: «Non ci aspettavamo quelle parole dalle Camere penali – conclude il componente della giunta locale dell’Anm Marco Puglia – e mi auguro che questa ferita venga presto risanata. Perché ciò avvenga, però, occorre il rispetto reciproco della professionalità altrui».

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Classe 1987, giornalista professionista, ha cominciato a collaborare con diverse testate giornalistiche quando ancora era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza dell'università Federico II di Napoli dove si è successivamente laureato. Per undici anni corrispondente del Mattino dalla penisola sorrentina, ha lavorato anche come addetto stampa e social media manager prima di cominciare, nel 2019, la sua esperienza al Riformista.