Il Covid torna a fare paura emergenza. Davanti all’aumento dei contagi, la Camera penale di Napoli ha scritto al governatore campano Vincenzo De Luca per chiedere che tutti gli operatori della giustizia vengano vaccinati al più presto. L’Unione dei praticanti, invece, si rivolge direttamente alla ministra Marta Cartabia con un obiettivo: ottenere che la sessione dell’esame di abilitazione professionale del 2020, slittata al 13, 14 e 15 aprile prossimi, si svolga senza prova scritta, cioè solo in modalità orale, così da limitare al massimo il rischio di assembramenti e, quindi, di contagio da Covid.

«È ammirevole che si sia finalmente sentita l’esigenza di dare una risposta alle legittime istanze oltre 22mila praticanti che, il 13, 14 e 15 aprile 2021, sarebbero chiamati a svolgere le prove scritte – sottolineano Claudia Majolo, presidente dell’Unione dei praticanti avvocati (Upa) e Vincenzo la Licata, vicepresidente dell’Associazione italiana dei praticanti avvocati (Aipavv) – Confido che il Ministro ascolti la nostra voce. Sono convita che lo studio che Cartabia dovrà necessariamente effettuare porterà a concludere, come ho già sostenuto, che non vi sono le condizioni per radunare migliaia di persone per tre giorni consecutivi a svolgere tre elaborati scritti».

Il 14 gennaio scorso il comitato tecnico-scientifico ha emanato un protocollo contenente gli standard di sicurezza minimi da rispettare per lo svolgimento in sicurezza dei concorsi pubblici. Ebbene, secondo i vertici dell’Upa, questo protocollo non è applicabile all’esame di avvocato, alla luce del numero elevato dei candidati e della durata delle prove. Si dovrebbero, infatti, avere almeno 734 sedi (una ogni trenta candidati) e, dunque, una sotto-commissione per ogni sede (oltre gli addetti alla vigilanza). Questi, ovviamente, sono solo i principali aspetti “logistici”. «Vi è poi il tema legato al fatto che tra i praticanti avvocati, ma anche tra i commissari, vi sono categorie “a rischio” – precisa Majolo – Io stessa ho una rara malattia auto-immune (il lupus eritematoso sistemico) che mi esporrebbe a conseguenze potenzialmente letali in caso di contagio. Non è ammissibile che io, così come qualsiasi altro candidato immunodepresso, debba scegliere tra la tutela del mio diritto alla salute e la possibilità di conseguire l’abilitazione».

Di qui la conclusione: «Ogni aspetto concernente l’inapplicabilità del protocollo è già stato esaustivamente evidenziato in un documento trasmesso la scorsa settimana alla ministra – fanno sapere Majolo e la Licata – Allo stesso modo la guardasigilli dovrebbe altresì essere a conoscenza della nostra proposta di orale abilitante in modalità “rafforzata”, vale a dire l’unica alternativa seria per garantire che la sessione 2020 si svolga in modo da non pregiudicare la tutela della salute dei praticanti avvocati e degli stessi commissari. La salute è un bene primario, costituzionalmente garantito, che deve essere riconosciuto a tutti, anche ai praticanti avvocati».

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Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.