Quanto è difficile lavorare nel mondo della giustizia? Lo abbiamo chiesto a giudici, avvocati e cancellieri. E la risposta è stata per tutti la stessa: la situazione è molto difficile. E il motivo non è soltanto legato al Covid. I disagi e i ritardi non sono esclusivamente conseguenza della pandemia e delle misure anti-contagio che si stanno adottando. La pandemia, semmai, ha avuto l’effetto di amplificare criticità che esistevano già. Il fatto è che il mondo della giustizia non riesce a stare al passo con i tempi. Digitalizzazione e lavoro da remoto sono i due nodi centrali per la riorganizzazione degli uffici, mentre si continua a fare i conti con croniche carenze di personale fra magistrati e personale amministrativo, carenze rese ancora più marcate ultimamente dalle assenze dovute alla positività al Covid e a esigenze di quarantena.

I contagi continuano ad aumentare. Ieri tre casi sono stati registrati nelle cancellerie della Corte di Appello a Napoli, e un giudice è risultato positivo all’Ufficio del Giudice di pace. In quasi tutti gli uffici si verifica una sproporzione tra il numero di fascicoli (numerossismo) e numero di personale (troppo esiguo) con la conseguenza che si generano arretrati e attese. A causa della pandemia gli accessi alle cancellerie sono stati limitati e le comunicazioni con i canali telematici non sono senza criticità. Il Ministero della Giustizia ha previsto pc portatili con schermo aggiuntivo e docking station per consentire al personale amministrativo in smart working l’accesso da remoto ai registri di cancelleria. Per gli uffici giudiziari di Napoli sono stati stanziati 90mila euro per misure di sicurezza e dispostivi di protezione individuali. Ma la soluzione per una ripresa concreta della giustizia appare ancora lontana. La sensazione è che si navighi a vista.

“Senza giudici e risorse è tutto più difficile” – Nicola Russo, magistrato di Corte d’appello
«L’attività giudiziaria in Corte d’Appello è da sempre particolarmente difficoltosa. In assenza di un adeguamento delle piante organiche, l’inversione di tendenza verso un decremento del carico di processi e un efficientamento della risposta di giustizia sarà impossibile. Con la pandemia, la situazione è andata ancora più a complicarsi, anche per i continui casi di magistrati o dipendenti amministrativi in quarantena. È quotidianamente percepibile la tensione che investe magistrati e parti, esposti a continui rischi di contagio in aule e uffici inadeguati a tutelare la salute e ad assicurare il distanziamento sociale. L’informatizzazione preannunciata, nella pratica, riesce a trovare applicazione con difficoltà a causa della scarsità di dotazioni hardware performanti e dell’impossibilità di far ricorso nelle aule di udienza a connessioni wireless alla rete internet a causa dei protocolli di sicurezza del Ministero della Giustizia. Si naviga a vista, sperando che la barca regga la tempesta in atto».

“Lo smart working? Così non funzionerà mai” – Giuliana Andreozzi, dirigente amministrativa
«Il lavoro da remoto è la problematica più grande in questo momento. Se non ci liberano i sistemi per lavorare da remoto, lo smart è molto relativo e per quanto noi cerchiamo di offrire massima disponibilità non possiamo dare quello che dovremmo. Da remoto ora si può fare ben poco, eppure c’è tutta una parte della magistratura che va accompagnata nel lavoro e ci sono gli avvocati che giustamente devono lavorare. Il problema è che c’è un ritardo negli applicativi da remoto che ci consentirebbero di applicare in modo corretto tutte le circolari che il Ministero ci sta mandando. Svuotare un ufficio ora significa che chi lavora da casa non riesce a essere di supporto a chi è in ufficio, con la conseguenza di aggravare una situazione già pesante per le carenze di personale e il lavoro che è tanto. Ci sono settori, nel mio ufficio a Napoli Nord, dove i colleghi hanno preferito rinunciare allo smart working perché avrebbero accumulato troppi ritardi nel lavoro. Ma qui c’è una la salute da tutelare».

“Anche in provincia uffici vicini al collasso” – Antonio Tafuri, presidente dell’Ordine degli avvocati
«Nel settore civile le situazioni sono differenti a seconda che si tratti di Tribunale, Corte di appello, Giudice di pace. Molte delle udienze in Tribunale sono trattate con le note scritte e questo ci sta consentendo di affrontarle. Tuttavia è molto difficile stare al passo con gli adempimenti di cancelleria perché il sistema delle prenotazioni può diventare un intralcio quando si verifica l’urgenza di un adempimento all’improvviso. Inoltre, per le cause di lavoro e di previdenza, molte volte viene fissata la trattazione scritta mentre il rito è tendenzialmente, per sua natura, sempre orale. In Corte di appello abbiamo invece un’esigenza opposta, nel senso che è desiderio di tutti avere la trattazione scritta ma qualche volta questo non succede. Mentre al Giudice di pace la situazione è più complessa, le cause da trattare sono ridotte e sono pochissime, quindi si determinano ritardi e una mancata risposta della giustizia. Infine, ci sono gli uffici giudiziari delle isole che sono chiusi o sull’orlo del collasso».

“Fasce orarie ristrette e poche udienze” – Ermanno Carnevale, presidente della Camera Penale 
«La situazione è difficilissima. Preoccupano il futuro del Paese e della nostra professione. Ieri abbiamo avuto un confronto con la presidente del Tribunale di Napoli, Elisabetta Garzo, per discutere delle udienze in composizione monocratica che, anche in ragione della recrudescenza del virus, necessitano di una nuova organizzazione. Abbiamo ragionato sulle prospettive valutando un eventuale ampliamento delle fasce orarie e un maggiore numero dei processi utili compatibilmente con la situazione sanitaria. Valuterà il Tribunale, attendiamo un provvedimento. Intanto è stato pubblicato il provvedimento del direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della Giustizia relativo ai depositi degli atti a mezzo pec, con gli indirizzi a cui vanno destinati, le specifiche tecniche degli atti e delle modalità di invio. Con il portale per il deposito atti e l’implementazione del deposito a mezzo pec, l’accesso alle cancellerie dovrebbe essere più agevole».

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Napoletana, laureata in Economia e con un master in Marketing e Comunicazione, è giornalista professionista dal 2007. Per Il Riformista si occupa di giustizia ed economia. Esperta di cronaca nera e giudiziaria ha lavorato nella redazione del quotidiano Cronache di Napoli per poi collaborare con testate nazionali (Il Mattino, Il Sole 24 Ore) e agenzie di stampa (TMNews, Askanews).