“I giudici di pace pronunciano sentenze in nome del popolo italiano e non possono essere trattati come lavoratori a cottimo come se fossimo nell’Ottocento”. È categorico Sergio Nicchi, vicepresidente dell’Associazione nazionale dei giudici di pace. Inizia oggi l’astensione, che si protrarrà fino alla fine della settimana, dalle udienze civili e penali indetta dai giudici onorari e giudici di pace, proclamata dalla Consulta della Magistratura Onoraria. Con lo stop di questa settimana si chiede dunque revisione della legge Orlando che – dice Nicchi – “ci precarizza ancora di più”.

“Gran parte della magistratura onoraria non avrà la pensione o quei pochi fortunati avranno il minimo pensionistico” chiosa invece il giudice e membro dell’Associazione Gabriele Di Girolamo.
Fallite le mediazioni negli ultimi mesi del 2019, i giudici di pace continuano la protesta per ottenere tutele e garanzie di indipendenza, il diritto alla previdenza e all’assistenza sociale, la revisione delle regole sul trasferimenti e sui criteri di attribuzione del compenso.

La magistratura onoraria da tempo chiede un trattamento dignitoso e legittimo, anche in virtù della sentenza 16 luglio 2020 della Corte di Giustizia Europea che ha riconosciuto ai magistrati onorari italiani lo status di “lavoratore” secondo i principi europei con il conseguente riconoscimento delle tutele giuslavoristiche ed economiche. Si insiste dunque nella richiesta di adeguamento ai principi sanciti dalla Corte di Giustizia Europea da un lato e il rispetto del vincolo dei fondi del Recovery Fund dall’altro, sufficienti a valorizzare le professionalità dei magistrati onorari garantendo al tempo stesso l’indipendenza e l’imparzialità di metà della giurisdizione italiana.

“Lavoriamo senza diritti, sono qui, insieme ai miei colleghi per chiedere tutele. Gli uffici del giudice di pace smaltiscono il 50% del carico civile di primo grado”, insiste Nicchi. La magistratura onoraria ha da sempre denunciato la “situazione di caporalato di Stato” in cui è costretta a vivere, essendo priva di tutele previdenziali ed assistenziali. “Una recente sentenza della Cassazione ha stabilito che l’astice non poteva essere messo vivo nel ghiaccio perché, poverino, soffriva. Ecco l’animale ha più diritti di un giudice di pace che lavora per il popolo” tuona Di Girolamo.

Giacomo Andreoli e Chiara Viti

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