Nel nostro Paese si va sempre evidenziando una denegata giustizia per i cittadini meno abbienti. L’ultimo scempio è rappresentato dai fascicoli abbandonati ed ammassati, da metà marzo scorso, nelle aule del Giudice di Pace di Napoli. Fascicoli che contengono atti di citazioni e ricorsi per decreto ingiuntivo, ancora in attesa di essere iscritti a ruolo a debito. Di chi è la responsabilità? Della pandemia? Dello smart working? Forse sì, ma in minima parte. La vera e quasi esclusiva colpa di tutto ciò è del Ministero della Giustizia che, nonostante le numerose sollecitazioni e proteste dell’avvocatura e in particolare dell’Organismo congressuale forense (il suo organismo politico nazionale), continua a non investire nella giustizia e soprattutto nella giustizia di pace, non dotandola di una piattaforma informatica al pari di quelle utilizzate negli altri uffici giudiziari.

In Tribunale, per esempio, tutto ciò non sarebbe accaduto perché l’iscrizione a ruolo delle cause avviene automaticamente e immediatamente con il deposito telematico dell’avvocato a mezzo della piattaforma Sicid, con contestuale comunicazione del cancelliere per il recupero del contributo unificato. Ma bisogna anche denunciare le ingiustizie che subiscono i cittadini meno abbienti della provincia di Napoli per non vedersi adeguatamente tutelate le istanze di giustizia. A Ischia la scarsa stabilità, a tutt’oggi, del Tribunale si riverbera anche sull’ufficio del giudice di pace, dove da oltre tre anni non è presente neppure un cancelliere in pianta stabile e dove l’ultimo applicato ha firmato alcuni provvedimenti per la pubblicazione nel lontano 3 luglio: ciò ha comportato un gravissimo arretrato di oltre 2mila tra sentenze e decreti ingiuntivi da pubblicare, già emessi da oltre un anno. Anche a Capri la situazione è drammatica: oltre l’assenza del cancelliere in pianta stabile, è deceduto l’unico dipendente in servizio all’ufficio del Giudice di Pace e per questo motivo il presidente del Tribunale ha deciso il trasferimento dello stesso ufficio a Napoli fino a fine anno, con tutte le conseguenze e le difficoltà di spostamento che dovranno affrontare i 52 avvocati capresi e i cittadini isolani in questo grave periodo di emergenza sanitaria.

E a Procida si vive in uno stato di attesa e di incertezza per la chiusura dell’ufficio del Giudice di Pace a causa della forzata assenza dell’unico magistrato assegnato a quella sede che, purtroppo, ha contratto il Covid. Inoltre, a Pozzuoli e nell’area flegrea continuano i disagi per i cittadini a causa dell’assenza di un presidio giudiziario di prossimità; stesso discorso per Portici che si è vista soppressa il suo presidio di giustizia, con “deportazione” delle cause a Napoli e a Barra. Questa l’attuale drammatica situazione della giustizia nel territorio partenopeo.

Nella speranza, sempre più flebile e mortificata, della partenza di un piano straordinario ministeriale per la giustizia e dell’utilizzo del Recovery Fund per salvare la giurisdizione con nuovi e ulteriori concorsi volti ad assumere personale amministrativo, con il rafforzamento del piano di digitalizzazione negli uffici giudiziari e con grossi investimenti nell’edilizia giudiziaria, non resta che insistere per una immediata ripresa dell’interlocuzione con i capi degli uffici napoletani. L’obiettivo è trovare soluzioni tampone sul piano organizzativo, condivise e immediate, utilizzando al meglio le risorse umane e materiali esistenti, seppur esigue e insufficienti, nel tentativo di amministrare alla meno peggio la giustizia in nome del popolo italiano.