Alla domanda se il principio sociale della “benevolenza” possa avere in sé la capacità di cambiare il mondo, viene in mente il massimo poeta inglese de “La dodicesima notte”: “La pazzia, signore, se ne va a passeggio per il mondo come il sole, e non v’è luogo in cui non risplenda”. In questa condizione, solo attraverso uno sguardo di “benevolenza” al destino dell’umano e del mondo possiamo salvarci dalla follia e dalla distruzione. Oggi, non vi è luogo sulla terra in cui non vi sia una crisi, un conflitto, atteso o inatteso, più o meno violento. Le relazioni e i grandi progetti internazionali non riescono più a tenere, a determinare l’ordine internazionale. Il disordine, al contrario, è la condizione in cui siamo scivolati, accompagnati da una instabilità progressiva che però non produce un avanzamento, come pure sarebbe possibile a seguito di una crisi di società come quella attuale, accompagnata, com’è da aggressività e violenza che non si sperimentavano dalla fine dell’ultimo conflitto mondiale. Così la “benevolenza” è destinata a divenire valore fondante, oggi più che mai, per una nuova organizzazione della vita sociale e delle relazioni personali di cui ogni società è intessuta.

La teoria sociologica ed economica contemporanea delinea una società sempre più sbilanciata verso una forma perennemente autoreferenziale e degenerata dello scambio di mercato. È quanto mai urgente, pertanto, affermare una necessaria coesistenza fra due forme di scambio: quella di “mercato” e quella di “non mercato”. La prima è impersonale e istantanea: moneta contro merce e merce contro moneta. La seconda, quella di “non mercato”, è in primo luogo personale ed ha in sé tanto l’elemento dell’obbligazione e del dovere quanto quello della gratuità e del dono. Questo aspetto è reso evidente dal fatto che, nelle relazioni sociali personali, l’elemento temporale è fortemente distintivo e pervasivo: incorpora e costituisce, insieme, tanto l’obbligazione e la fedeltà, quanto la fiducia e la reciprocità, obbligando reciprocamente l’agire degli attori nel tempo.

Essi divengono elementi essenziali della costituzione del “self” e del mondo della vita delle persone. Ma la dimensione temporale dello scambio non di mercato è “lunga”, non certo “immediata”. Si sedimenta nell’essere dei soggetti e, al di fuori di questi, non può essere né intrapresa né compresa e si manifesta proprio attraverso la benevolenza che diventa essenziale per non decadere nel disordine che conduce, inevitabilmente, alla paura e all’aggressività e per ricostruire un rapporto di fiducia. Le persone sono i veri agenti di cultura che possono generare benessere insieme sia materiale che spirituale ma le organizzazioni, a partire dalle associazioni di persone, possono svolgere un ruolo insostituibile per una reale speranza di cambiamento.

Oggi, il paradigma della crescita infinita con risorse finite è stato progressivamente sostituito dalla ricerca di una economia e di uno sviluppo “sostenibili”, basati sull’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili, sul rispetto e sulla tutela dell’ambiente, sulla riduzione costante della quantità dei rifiuti e dell’inquinamento e, non ultimo, sulla coesione sociale, tema costitutivo e da sempre centrale nei valori della cooperazione. In altre parole, i costi sociali, ambientali e, in ultima analisi, economici del modello capitalistico privo di regole sono diventati insostenibili. Da qui l’innovativo concetto di economia “circolare”, che si ispira al ciclo vitale dei sistemi biologici nei quali, dato un insieme iniziale di risorse, numerosi cicli di nascita, crescita, declino si susseguono senza soluzione di continuità. In maniera analoga la nostra società si trova di fronte a un bivio che prevede un progressivo abbandono del modello lineare intrinseco nel capitalismo, basato sul ciclo risorse – produzione – rifiuti, sostituendolo con un modello economico circolare e, quindi, sostenibile.

Ma tutto questo programmare, stilare agende e priorità non basta, è insufficiente a generare l’ampiezza del cambiamento di cui abbiamo urgentemente bisogno. È necessario qualcosa d’altro, un valore decisivo forte, quale è proprio quello della “benevolenza”. Ma può davvero il principio della benevolenza divenire il motore attraverso il quale contribuire a costruire una nuova economia sostenibile meno triste e disperante di quella che appare, oggi, ai nostri occhi? La risposta può arrivare attraverso la speranza, “stupefacente meraviglia” come direbbe Peguy, che risiede nel cuore di ognuno attraverso disponibilità ad agire per il bene comune. La sfida a un mondo più sostenibile è lanciata, la “benevolenza” ne sarà l’asse portante, la cooperazione per sua natura connessa all’economia reale e per la sua lunga storia fatta di esperienze concrete e di capacità innovativa ne sarà protagonista.