Monticello d’Alba è un Comune del Roero, nella provincia di Cuneo a 11 Km da Alba con poco più di 2 mila abitanti. La scorsa settimana, insieme al proprio sindaco, Silvio Artusio Comba, i cittadini sono scesi in piazza contro la chiusura dell’ultima filiale di banca ancora operativa. Il primo cittadino non ha avuto dubbi nel guidare la protesta di piazza Martiri della Libertà insieme con Uncem, l’Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani, per opporsi alla chiusura della banca: «Perché la comunità non è un orpello sorpassabile dalle logiche del profitto dalle multinazionali della finanza».

A sostegno della causa di Monticello si è schierato anche il deputato del Pd, Umberto Buratti, capogruppo nella commissione d’inchiesta sul sistema bancario, che ha espresso la sua «solidarietà e vicinanza al sindaco di Monticello». Si tratta soltanto dell’ultima protesta che vede insieme cittadini, amministratori locali, realtà associative e sindacati. Pochi giorni prima, in Basilicata a capo della protesta era il sindacato che, nel definire l’ormai palese abbandono di tante aree della regione ha parlato di finanza e servizi finanziari quali «baluardo contro le diseguaglianze e le disparità territoriali» per dare una mano alla ripresa delle zone depresse e dello sportello bancario presidio di legalità sul territorio, in assenza del quale «chi ha necessità di liquidità è costretto a ricorrere all’usura, attività quasi sempre disponibile su ogni piazza». Non vengono risparmiate dal fenomeno le isole.

In Sicilia è prevista una contrazione di 644 sportelli pari al 35,4 per cento come emerge del rapporto sul credito dell’assessorato all’Economia, guidato dal vicepresidente della Regione, Gaetano Armao. Si tratta di una riduzione che anticipa perdita di posti di lavoro, disagi ai cittadini, soprattutto agli anziani, che spesso non hanno la possibilità di spostarsi nei paesi vicini. Come lucidamente e giustamente ha dichiarato l’on. Buratti «nei piccoli comuni, soprattutto, nei borghi e nelle aree interne il servizio di banche e poste è strumento essenziale per la comunità. In questo contesto, le banche di comunità rappresentano una componente importantissima dell’industria bancaria italiana e avranno un ruolo centrale nella tenuta e nella ripresa delle comunità e dei territori. La pandemia ha sottolineato ancor di più il loro ruolo nel fornire finanziamenti all’economia reale a livello locale, per ridurre le disuguaglianze di reddito, per servire sia fisicamente che virtualmente i cittadini nelle aree urbane e rurali e per supportare le famiglie e la piccola e media impresa».

Ben venga, dunque, ogni azione che impegni il Governo ad adottare iniziative in sede europea per promuovere un adeguamento del quadro regolamentare bancario che tenga conto delle peculiarità delle banche cooperative e del territorio. Come dimenticare, infatti, il ruolo fondamentale di servizio allo sviluppo inclusivo e partecipato delle economie locali che svolgono le Banche popolari, unico presidio finanziario in oltre 400 Comuni?! È del tutto evidente che lo sviluppo tecnologico ha prodotto degli squilibri ma, proprio per questo, è necessario avere chiaro un quadro di insieme e tenere conto di ogni realtà e di ogni situazione per non lasciare nessuno indietro. In Italia le persone con oltre sessant’anni sono quasi 18 milioni, un terzo della popolazione. Come è pensabile che una persona anziana possa utilizzare strumenti concepiti da e per persone appartenenti a due generazioni successive? Come possono i bambini imparare il valore del denaro, se la versione digitale è una password con cui è possibile “accedere” illimitatamente a beni e servizi? Il cliente fintech è giovane, istruito e occupato ma i sistemi a disposizione del “cliente tipo” non sono funzionali alle necessità di anziani, bambini, disabili o persone con fragilità. Persone che, invece, hanno pieno diritto di cittadinanza così come di prendere parte ai processi produttivi ed economici. La realtà è ben più articolata e non accorgersi della varietà delle casistiche umane non è certo lungimirante.

Per questo sono da applaudire e sostenere le posizioni come quelle dell’on. Buratti o dell’Uncem che ha scritto ai vertici dell’Abi, al Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, al Presidente del Consiglio, Mario Draghi, al Ministro Franco, al Governo e al Parlamento di «intervenire e guidare un processo che permetta di ripensare, ridefinire, mantenere il ruolo delle banche sui territori. Non è accettabile in un Paese che vuole ripartire, che vuole superare le crisi pandemica, economica, climatica ed è impegnato a lasciare nessuno indietro. La transizione ecologica impegna tutti a una nuova giustizia sociale». La rivoluzione digitale per il sistema produttivo, economico e sociale, può essere sinonimo di ripresa e crescita ma sono indispensabili le competenze e quell’operatività bancaria in grado di tenere insieme la crescita dell’economia reale con la tutela delle persone più fragili.

Quando si è pensato di poter fare a meno della dimensione umana, puntando tutto sulla disintermediazione e sulle dimensioni globali, si è prodotta la più grande crisi che l’economia occidentale abbia mai conosciuto, quella scoppiata nel 2007. Ora è necessario invertire la rotta. Il ruolo di intermediazione creditizia tradizionale che le Banche popolari e del territorio hanno sempre garantito sono oggi una necessità, un patrimonio di capitale umano che l’innovazione tecnologica può affiancare e sostenere ma non certo sostituire.