Sollecitato indirettamente dal numero uno della Vigilanza europea Andrea Enria, il Presidente dell’ABI, Antonio Patuelli, è intervenuto sulla struttura del sistema bancario italiano. L’occasione arriva dall’edizione 2020 del Salone dei Pagamenti – in corso in maniera virtuale fino a venerdì – e che ha messo in luce l’ulteriore accelerazione della diffusione dei sistemi elettronici e i rilevanti cambiamenti che essa sta producendo e che produrrà nel medio termine. Come era prevedibile la pandemia è tornata a fare paura e non soltanto da un punto di vista sanitario. La crisi, frutto delle restrizioni imposte dai governi europei, mette a dura prova il tessuto economico e sociale del quale il sistema bancario fa parte integralmente. È, dunque, naturale che ci si interroghi su quello che accadrà nel prossimo futuro pur essendo la “battaglia” ancora in corso. Una battaglia di resilienza che vede coinvolte anche le banche con un enorme sforzo per sostenere, fino in fondo, famiglie e imprese in preparazione di una futura ripresa.

In questo quadro le banche popolari sono riuscite a dare ossigeno al sistema produttivo assicurando liquidità: accolte oltre il 70% delle domande di prestito al di sotto dei 25.000 euro, il 90% di quelle al di sopra di questa soglia e il 97% delle domande di moratoria; impieghi vivi cresciuti del 3%, raccolta e depositi rispettivamente di oltre il 4% e il 5%. Non è però ancora possibile prevedere quali conseguenze la pandemia produrrà nei bilanci delle banche e quali saranno i danni effettivi che potranno essere contati soltanto a battaglia conclusa. Di certo, ridurre rapidamente e ulteriormente i costi e i rischi per gli istituti bancari sarà fondamentale nel prossimo futuro e, dunque, ha ragione Patuelli quando afferma che, per migliorare la qualità del credito, gli istituti possono già iniziare a pensare a forme di collaborazione.

Consorzi e accordi tra intermediari rappresentano un’utile modalità per aumentare l’efficienza e per permettere alle banche di operare sul mercato con successo riducendo, appunto, costi e rischi. Come recentemente anche il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, aveva auspicato rivolto alle banche del territorio, inventare modi diversi per affrontare un ineludibile cambiamento è senz’altro possibile proprio grazie alla collaborazione tra istituti e attraverso attività strutturate di carattere consortile. Per le banche del credito popolare la creazione di consorzi non rappresenta un fatto inedito ma è iscritto nel DNA come la sua storia dimostra (l’Istituto Centrale delle Banche Popolari, il Credito Fondiario, le varie forme di Arca, ecc…). La “Luigi Luzzatti s.c.p.a.” che, in ragione della sua forma consortile, sta cominciando a produrre importanti risultati, è un esempio di questa sensibilità e predisposizione.

Nella storia del sistema bancario italiano in generale, e in quello delle banche territoriali in particolare, è dunque possibile trovare le conferme di una vera e propria vocazione all’attività consortile. Nella capacità di lavorare in sinergia e collaborando sarà anche possibile rendere concreta quell’idea di biodiversità, chiave di lettura che si sta imponendo nel mondo, e che nel sistema bancario verrà confermata e valorizzata nella pluralità dei modelli. Uscire dalla crisi anche attraverso la collaborazione è un tassello in un sistema nel quale è però necessario che ognuno faccia la propria parte. Servono urgentemente politiche economiche strategiche. Non bastano interventi di emergenza ma occorre ridare fiducia alle famiglie che hanno paura a spendere – come è dimostrato dalla crescita del risparmio giacente nei conti correnti – e agli imprenditori perché riprendano a investire. Le banche popolari, facilitate dalla conoscenza e dal legame con le realtà produttive dei propri territori, mettono a disposizione un impegno straordinario proprio per ridare fiducia alle famiglie e alle imprese, a cominciare dalle Piccole e Medie e continueranno a farlo collaborando tra loro.