Più carceri, in Campania e nel resto d’Italia, non servono. È indispensabile, invece, far uscire i penitenziari italiani dallo stato di illegalità nel quale versano da decenni, facendo in modo che la reclusione si allinei finalmente al dettato costituzionale. La pensa così Rita Bernardini, storica leader radicale che ieri ha fatto tappa a Napoli con Memento, l’iniziativa nonviolenta volta a denunciare lo stato di abbandono delle carceri nazionali. E la pensa allo stesso modo la guardasigilli Marta Cartabia che nei giorni scorsi ha discusso di detenzione con Bernardini, l’ex senatore Luigi Manconi e lo scrittore Sandro Veronesi. «La ministra – ha riferito la leader radicale – ha parlato di ristrutturazione, non della costruzione di nuove carceri». Via Arenula, dunque, non guarderebbe con particolare favore la trasformazione dell’ex caserma Battisti di Bagnoli in struttura destinata alle detenute con figli al seguito, sulla quale tre Ministeri hanno raggiunto l’accordo un anno fa, così come la realizzazione di una prigione a Nola, di cui si discute ormai dal 2017.

Il primo progetto tiene banco a Napoli e dintorni da diversi giorni. L’idea è quella di ristrutturare l’edificio che, negli anni Ottanta, ospitò l’aula bunker del processo al boss Raffaele Cutolo, salvo poi essere abbandonato. Nel 2019 Elisabetta Trenta e Alfonso Bonafede, all’epoca ministri rispettivamente della Difesa e della Giustizia, hanno firmato un protocollo per la riconversione dell’ex caserma Battisti in carcere; nel 2020 è arrivato l’ok del Ministero della Cultura. Il progetto è stato già contestato da chi lo ritiene incompatibile con la riqualificazione di Bagnoli in chiave turistica, anche perché il nuovo penitenziario verrebbe a trovarsi tra il parco urbano e l’università ipotizzati nella stessa zona. Secondo Bernardini e Cartabia, però, le principali perplessità sono due.

La prima: il carcere non deve trovarsi in periferia ma al centro della città, in modo tale da non farlo percepire come “discarica sociale” o come problema estraneo alla comunità. La seconda: in un Paese in cui il 70% delle circa 53mila persone dietro le sbarre deve scontare meno di quattro anni di reclusione, occorre accelerare sulle misure alternative alla detenzione e non sulla costruzione di nuovi penitenziari. Obiezioni che valgono per Bagnoli come per Nola, dove il Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria ha ipotizzato un carcere a forma di isolato urbano, senza muri perimetrali e con celle strutturate come monolocali per due persone.

Ma il colloquio tra Bernardini e Cartabia è servito anche a ribadire i problemi strutturali dei penitenziari, a cominciare dal sovraffollamento e dalla mancanza di lavoro per chi vive in cella. «Sono quasi 5mila i posti detentivi non disponibili e lo ribadiamo da Poggioreale, simbolo delle strutture che scoppiano – ha spiegato la leader Radicale – E non bisogna dimenticare che, su 53mila reclusi, solo 15mila lavorano, molti dei quali per poche ore al giorno e per non più di 200 euro al mese. In questo modo il reinserimento sociale previsto dalla Costituzione è un miraggio». Di qui le proposte alla Cartabia: amnistia, indulto e allungamento del periodo di liberazione anticipata da 45 a 60 giorni ogni sei mesi. La ministra si è detta disponibile soprattutto per la terza misura, visto che le prime due richiedono un’ampia convergenza delle forze politiche  in Parlamento che, allo stato attuale, è difficile raggiungere.

Memento ha offerto l’occasione per analizzare anche l’emergenza sanitaria dietro le sbarre. Bernardini ne ha discusso con Riccardo Polidoro, responsabile dell’Osservatorio Carcere dell’Ucpi, e con Pietro Ioia e Samuele Ciambriello, garanti dei detenuti rispettivamente di Napoli e della Campania. «Le prigioni sono ambienti chiusi, dove i reclusi ammassati non possono osservare il distanziamento e sono esposti al contagio anche a causa del viavai di personale – ha sottolineato Polidoro – Perciò bisogna accelerare sulle vaccinazioni e stimolare un più largo ricorso alle misure alternative». Opinione condivisa da Ciambriello che ieri ha diffuso gli ultimi dati sulla campagna vaccinale: al momento sono 3.124 i detenuti immunizzati nella regione, 1.194 dei quali nel Napoletano. «L’attenzione deve rimanere alta – ha ammonito il garante campano – non solo per evitare contagi, ma soprattutto per incentivare le misure alternative e avviare la ripresa dei colloqui e delle attività trattamentali nei penitenziari della regione».

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Classe 1987, giornalista professionista, ha cominciato a collaborare con diverse testate giornalistiche quando ancora era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza dell'università Federico II di Napoli dove si è successivamente laureato. Per undici anni corrispondente del Mattino dalla penisola sorrentina, ha lavorato anche come addetto stampa e social media manager prima di cominciare, nel 2019, la sua esperienza al Riformista.